Milano, Feltri si inalbera sul divieto di fumo: “Tirannia dell'etica e schiavismo omologante”
“Sono incazzato come una biscia a sangue freddo”. Vittorio Feltri è tranchant nel suo commento apparso sull’edizione del 29 dicembre de Il Giornale in merito alla decisione del Comune di Milano sul fatto che dal 1 gennaio 2025 il divieto di fumo all’aperto sarà esteso a tutte le aree pubbliche, con l’inclusione di vie e strade, con le uniche eccezioni previste nelle aree isolate in cui le persone possono mantenere almeno 10 metri di distanza le une dalle altre. “Non temo - prosegue Feltri - che i vigili urbani compilino delle contravvenzioni, sarebbe se non altro una bella novità lo scorgere qualche antico ghisa o moderno esponente della polizia locale circolare tra i milanesi. Sono multe da gride manzoniane, carte su carte, una più severa dell’altra, ma tutte inapplicabili come si ricava dal fatto che in nessun caso si sono materializzate in sanzioni utili a ingrassare le casse comunali. Semmai a spolparle. Conoscete qualcuno che ha pagato una contravvenzione per fumo?”.
Divieto di fumo all'aperto, l'ultima crociata della sinistra: "Dopo Milano in tutta Italia"
“Come si fa a prendere sul serio l’ipotesi di nasi fini e vendicativi radunati in commando, e capaci, oltre che di individuare i consumatori di tabacco, in futuro anche anziani col pannolone non regolamentare? Il pericolo è un altro, ed è l’innesco per futili motivi di micro conflitti di vicinato. Come se non bastassero i demenziali inviti alla rivolta sociale di Landini, vedo già i militanti del presunto civismo ecologico che, da zelanti cittadini, telefonano al 112 e indicano al popolo indignato gli untori lanzichenecchi che uccidono gli ignari bambini trafficando con la pipa in bocca. In realtà, Sala, che non è fesso, anche se fa di tutto per sembrarlo, si adegua alla nuova religione pubblica, quella del divieto di tutto ciò che suona in dissenso dai dogmi del politicamente corretto. Valeva già per il linguaggio, ora, come la ginnastica obbligatoria in Cina, si esercita come dittatura salutistica, erigendo a comandamento divino qualunque ipotesi scientifica, anche strampalata, purché apocalittica. La Nuova Religione del Divieto ha i suoi kapò che hanno messo le mani sull’aria fresca, e il fumatore è il deviante da raddrizzare”, scrive ancora il direttore editoriale del quotidiano milanese.
Se a Milano si scippa ma non si fuma
“Questi divieti lungi dal far guadagnare qualcosa in salute ci privano di un bene essenziale, espropriando i luoghi di convivialità e socialità, i picnic sui plaid e le tavolate sotto il bersò, trasformandole in cliniche dell’aria pura vigilate dalla polizia igienista. Tolgono il piacere di chiedere ‘disturbo se fumo, magari mi sposto’, espropriando il diritto e il dovere di un minimo di tolleranza. Ma chi sente davvero il bisogno di uno Stato etico, in realtà tirannico, che ci imponga come vivere? Ma non ci si accorge che questa mania collettiva di proteggere la salute altrui stia diventando una vera e propria forma di schiavismo omologante? Forse sarebbe ora di rivalutare le priorità e di considerare che il vero problema non è la sigaretta, ma la perdita della libertà di scelta. In un mondo dove si cerca di controllare ogni aspetto della nostra vita, dove si ha paura di tutto e di tutti, fumare all’aperto, tra amici, non è solo un gesto del potere conviviale del tabacco, ma un atto di ribellione contro il conformismo. Ricordiamoci - chiosa Feltri - di preservare la nostra umanità, chi può, ancora fumando”.
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