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Caso Ramy, Giordano tuona: "Non riconoscono le nostre leggi"

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Ci sono nuovi sviluppi nell'inchiesta sull'incidente in cui ha perso la vita nel quartiere Corvetto di Milano il 19enne Ramy Elgaml. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati, in vista degli accertamenti, almeno due carabinieri. I reati ipotizzati a carico dei militari sono, a vario titolo, di falso in atto pubblico e depistaggio. L'inseguimento in cui è morto il ragazzo egiziano è avvenuto nella notte del 24 novembre scorso, all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. L'ipotesi di depistaggio è sulla presunta cancellazione di un video di un testimone, che ha dichiarato ai pm di aver assistito all'incidente, di aver visto l'impatto tra i due veicoli, di aver girato un filmato e di essere stato spinto dai militari e eliminarlo. Se ne è discusso a 4 di sera, il programma di approfondimento giornalistico di Rete 4.

 

 

 

Mario Giordano, ospite in studio, ha usato parole chiare per commentare la vicenda. "Bisogna capire che le Forze dell'Ordine stanno in un contesto difficile", ha fatto notare in un primo momento il giornalista. C'è, però, un'altra questione che va tenuta in considerazione: "Una parte degli immigrati non si riconosce nello Stato italiano. Non riconoscono lo Stato italiano, non riconoscono le nostre leggi, non riconoscono la Polizia e non perché sono poveri, ma perché non riconoscono lo Stato italiano", ha scandito. Per difendere il lavoro dell'Arma è intervenuto Massimiliano Zetti, il segretario del Nuovo Sindacato Carabinieri: "Le Forze dell'Ordine, in quelle zone, sono considerate una valvola di sfogo per i propri disagi. La domanda è: perché, se uno vive in condizioni di disagio, si sente autorizzato a prendersela con le divise?", ha affermato. 

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