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Ilaria Salis, fermato il "compagno Gino" e lei tira in ballo il "razzismo sistemico"

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L’antagonista milanese accusato di aver partecipato insieme a Ilaria Salis al pestaggio di estremisti di destra a Bruxelles, nel febbraio 2023, è stato arrestato a Parigi. Rexino Arzaj detto Gino rischia adesso di essere consegnato all’Ungheria, percorso inverso a quello dell'eurodeputata che con l'immunità da europarlamentare era uscita dal carcere.  Tuttavia il caso di Gino potrebbe incidere anche sull'esponente di Avs perché potrebbe diventare più difficile per il Parlamento Europeo respingere la richiesta di togliere l’immunità all'insegnante di Monza. Arzaj era stato raggiunto da un ordine di arresto della magistratura ungherese per le aggressioni da parte del collettivo Hammerbund ai partecipanti della "Giornata dell’Onore". Con lui accusati anche il milanese Gabriel Marchesi, la tedesca Maja T. e Salis, che su Instagram ha scitto un lungo ed enigmatico post. 

 

"Gino libero, no all'estradizione!", esordisce Salis che continua: "Ho appreso, con grande preoccupazione, che la settimana scorsa è stato arrestato in Francia il mio amico e compagno Gino. A quanto pare, è l’Ungheria di Orban a richiedere la sua estradizione, accusando pure lui di essere coinvolto in fatti avvenuti a margine delle contro-manifestazioni antifasciste alla 'Giornata dell’Onore' neonazista a Budapest, in quel famigerato febbraio del 2023, quando anche io fui arrestata".

 

In modo abbastanza curioso, Salis tira in ballo il "razzismo sistemico" dell'Italia nella vicenda di Arzaj: "Gino è arrivato in Italia quando aveva tre anni, dove ha avuto residenza regolare e continuativa per più di vent’anni. Eppure, per colpa del razzismo sistemico del nostro paese, gli è stata negata la cittadinanza, con il pretesto di alcune segnalazioni di polizia per il suo generoso impegno come attivista nei movimenti". "Gino per me è un compagno, un amico e un fratello. Tuttavia, la solidarietà non è solo una questione umana e personale, ma anche e soprattutto politica. Ancora una volta il tiranno Orban prova a calpestare i valori dell’antifascismo e dello stato di diritto - continua - La mia vicenda dimostra chiaramente che, per Gino e per tutti gli antifascisti, in Ungheria non è possibile aspettarsi né un processo giusto né una detenzione che rispetti i diritti fondamentali. Auspico che la stessa energia collettiva che è stata in grado di liberarmi e riportarmi a casa possa incidere sulla realtà anche questa volta".

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