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No Meloni day, Luca Ricolfi: "Schlein codarda, non prende le distanze dalla violenza"

Edoardo Sirignano
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Torinese e titolare della cattedra di psicometria all’Università di Torino, Luca Ricolfi è il sociologo e politologo diventato negli anni la coscienza critica della sinistra.

Ennesima manifestazione che ha messo a soqquadro il centro di Torino: hanno occupato perfino la Mole Antonelliana... ma cosa sta succedendo?
«Intanto precisiamo che, ovunque in Italia, gli studentiche scendono in piazza sono molto meno dell’1%, e quelli violenti sono a loro volta una minoranza della minoranza. Quel che sta succedendo è che la sinistra non ha la capacità di organizzare manifestazioni di massa su obiettivi prioritari, chiari e ragionevoli, e il vuoto viene riempito da manifestanti mobilitati abbastanza a casaccio sui temi del momento: clima, femminicidi, Valditara, fascismo, Salvini, manovra finanziaria, governo omicida, diritti LGBT+, ponte sullo stretto, repressione, eccetera. L’odio per Israele eil sostegno ai Palestinesi fungono da collante».

 

I manifestanti a Torino hanno lanciato una bomba al cloro che ha intossicato 15 agenti. Prima volta in cui usano un ordigno di quel tipo, siamo davanti a un salto di qualità?
«Può essere, lo capiremo solo con il tempo. Certo non si può escludere che, a forza di dire che ci sono i fascisti al governo, ci si convinca che le armi da usare debbano essere più devastanti. In questo caso assisteremo a una escalation militare nel tipo di manifestazioni di piazza».

 

Il richiamo a Gaza, al «genocidio» e della guerra in Medio Oriente sembra benzina utile peril fuoco della violenza estremista. Solo un pretesto strumentale o c’è, nell’antisemitismo da accatto, un fenomeno nuovo?
«Secondo me siamo davanti a un fenomeno nuovo. Non era mai successo che le piazze di sinistra fossero così esplicitamente anti-ebraiche. Uso volutamente questa espressione, piuttosto che anti-semite o anti-israeliane, perché a mio parere il cocktail che si sta formando non è né assimilabile all’antisemitismo classico (odio razziale verso l’ebreo) né riducibile alla critica dello Stato di Israele e del suo governo».

Perché? Qual è il nucleo dell’anti-ebraismo?
«Il nucleo dell’attuale anti-ebraismo è l’idea (arcaica, e fondativa della tragedia greca) che la colpa si trasmetta attraverso la stirpe, e lo faccia non solo nel tempo, ma anche nello spazio. Le colpe, passate e presenti, vere o presunte, dello Stato di Israele si trasmettono a tutti gli ebrei, dovunque vivano e qualsiasi cosa ciascuno di essi abbia fatto individualmente. Un meccanismo divenuto incendiario dopo il 7 ottobre 2023, perché da quel momento, in occidente, si è prodotta la saldatura (prevista 10 anni fa da Houellebecq nel suo romanzo Sottomissione) fra Islam e sinistra».

Una ondata di gesti, azioni, eventi antisemiti sta interessando tutta l’Italia e tutta l’Europa. La preoccupa?
«Mi preoccupa molto, ma ancor più mi spaventa il medesimo fenomeno in Francia e Germania, dove le comunità islamiche sono ancora più aggressive».

 

Se la risposta della politica è timida, quella della sinistra è inesistente. Come mai il contrasto all’antisemitismo, che era stato a lungo cavalcato dalla sinistra italiana, è diventato un tema del centrodestra?
«È amaro ipotizzarlo, ma la mia impressione è che anche in passato il contrasto all’antisemitismo sia stato più che altro un modo di declinare e proclamare l’antifascismo. Se fosse stato genuino, mai avremmo assistito alle ripetute contestazioni della Brigata ebraica alle celebrazioni del 25 aprile. Quanto alla destra, l’avvicinamento a Israele risale a più di vent’anni fa, quando Gianfranco Fini – in Israele – definì il fascismo “male assoluto”. L’attuale vicinanza di Giorgia Meloni a Israele è il prodotto congiunto della scelta atlantista e dell’esigenza di ribadire la distanza dal nazi-fascismo».

Il centrosinistra si illude di poter cavalcare il dissenso attraverso le chiamate in piazza che saldano estremisti, centri sociali e studenti?
«Non credo che Schlein voglia cavalcare il dissenso. La sua posizione è frutto di semplice codardia: non ha il coraggio di prendere le distanze dalla violenza, come fece il PCI con le Brigate rosse. Forse continua a pensare – come i vecchi stalinisti–che i fini giustifichino i mezzi». 

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