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Espulso dalla chat di Giannini “Bella ciao” per un commento sulla rissa di Amsterdam

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Edoardo Romagnoli
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Ve la ricordate la chat di whatsapp «Bella Ciao»? Venne creata da Massimo Giannini, il 25 aprile, nel tentativo di creare un «argine civico» al fascismo galoppante di stampo meloniano. La «chat caviar», come venne ribattezzata, è tornata alla ribalta per una epurazione che ha fatto discutere. Il motivo? Sembra che uno dei partecipanti abbia fatto un commento «pesante» dopo il pestaggio dei tifosi del Maccabi Tel Aviv ad Amsterdam ad opera degli ultras dell’Ajax. Tutti d’accordo? No manco per niente. E così l’espulsione ha dato vita all’ennesima discussione fra chi riteneva quel commento troppo spinto, anche per una chat che fa della libertà di espressione il suo faro, e chi condannava la censura. Nulla di nuovo.

 

 

Eppure quell’esperimento di resistenza (mi verrebbe di scrivere «dal basso» ma visto il rango di molti dei partecipanti mi astengo dal farlo) era iniziato con tanto entusiasmo; nonostante alcuni repentini abbandoni (Mentana e Nina Zilli solo per citarne alcuni). Tanto che a un certo punto qualcuno propose addirittura la nascita del «Movimento 25 aprile». Il leader già c’era, ovviamente Giannini, e c’era anche la data e la piazza dove ritrovarsi (il 26 maggio a piazza Navona). Poi però qualcosa si è perso nel percorso, fra preziose dissertazioni sui «meriti di Stalin» (che costrinsero il leader Massimo a intervenire) e le battute di Dario Vergassola («Siamo più di 900 partecipanti, a mille partono le scissioni»). C’è chi racconta di un Burioni al limite del collasso davanti alla foto della bandiera rossa issata sul Reichstag, postata da qualche nostalgico dell’Armata rossa. Perché in fondo la sinistra è un’idea che poi si perde in mille rivoli. E così poco dopo l’intervento di Fausto Bertinotti, sullo schermo del gruppo, apparve la notifica «Romano Prodi ha abbandonato la chat».

 

 

I litigi e i continui distinguo non sono stati però l’unico scoglio per i moderni partigiani da chat. A un certo punto l’ostacolo è diventato strutturale. Nei gruppi whatsapp il numero massimo di membri è di 1.024, troppo pochi per chi progetta di creare un argine sociale alla compagine nera di Giorgia Meloni. E allora tutti su Facebook. Ma anche la semplice decisione di trasferirsi su un’altra piattaforma ha creato una discussione infinita tra chi si lamentava di non avere un profilo e chi non aveva la minima idea di come crearlo. Qui però la sintesi venne trovata e alla fine il gruppo su Facebook vide la luce. Solo che è più facile accreditarsi alla festa per gli ottanta anni de Il Tempo che entrare in quel gruppo. Intanto va inviata la richiesta, poi bisogna rispondere a una serie di domande: «Perché vuoi entrare?»; «Facevi parte del gruppo whatsapp di Massimo Giannini?»; «E con quale numero di telefono eri registrato?». Alla fine l’esperimento di resistenza democratica è diventato l’ennesimo salotto in cui i soliti noti si danno pacche sulle spalle. Alla faccia del popolo, alla faccia della democrazia, alla faccia della resistenza; quella vera.

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