Elezioni Usa, da “boss mafioso” a “fascista”. Su Trump la solita Italietta dei rosiconi
La rabbia degli anti Tycoon. In Italia abbondano i rosiconi per la sconfitta di Kamala Harris. Stiamo parlando di quegli intellettuali e non, di quei vip progressisti che pensano di spuntarla sempre, di avere in ogni caso la ragione dalla loro e poi, guarda caso, rappresentano la rappresentazione plastica della “debacle”. Tra i campioni a riguardo ovviamente c’è l’immancabile Roberto Saviano, che si era dichiarato pronto addirittura a non tornare negli Usa qualora l’avesse spuntata Donald. Manterrà, stavolta, la promessa? Disse lo stesso con Meloni alla vigilia delle politiche del 2022 e poi sappiamo tutti come è andata a finire. È rimasto sul pulpito della tv a dare lezioni di moralità, a dire che tutto quello che non è sinistra è camorra. Il suo ultimo post su X, d’altronde, vale più di mille parole: «l’origine mafiosa della fortuna di Trump».
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Quella per lo scrittore di Gomorra dopo la vittoria dei repubblicani diventa «la fogna» che frena la democrazia, però, resta megafono indiscusso per quei famosi dei talk che hanno come principale hobby bacchettare l’esecutivo di Giorgia. L’ascesa dei rossi statunitensi, a loro parere, è un tracollo per il pianeta. «Un macigno – commenta Massimo Giannini, editorialista del quotidiano La Repubblica – che pesa sulla crescita globale e sull’economia».
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Per quanto concerne i compagni della politica, a sorridere il solo Giuseppe Conte, che spera ancora nell’asse populista con Donald, l’amico ai tempi di Palazzo Chigi. La pensano diversamente, invece, la sua alleata Elly Schlein per cui l’inatteso cambio al vertice darà il via a «una politica protezionistica che colpirà imprese e lavoratori» o il compagno Nicola Fratoianni che parla di «brutta giornata per l’Italia». Secondo le ricostruzioni apocalittiche del suo braccio destro Angelo Bonelli, la debacle dem americana darà il via a «un’internazionale sovranista, volta a demolire i diritti sociali, civili e ambientali». Ecco perché qualche scaramantico e proletario leone da tastiera se la sarebbe presa col povero ministro Roberto Speranza, i cui scatti sarebbero una iattura o con la rediviva Lia Quartapelle, che da inviata speciale nei salotti di Bruno Vespa, indicava le ragioni per cui il miliardario newyorkese non poteva vincere.
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