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Futurismo, "Marinetti non può essere bandiera di lotta politica". Parla la nipote

Michele Sabelloni
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La grande mostra «Il Tempo del Futurismo» si inaugurerà il 2 dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, proprio nel giorno in cui si celebreranno gli ottant’anni dalla scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti, l’inventore del rivoluzionario movimento d’avanguardia. Di questa figura eccezionale, vulcanica e geniale che ha cambiato l’arte del XX secolo ne parliamo con sua nipote Francesca Barbi Marinetti, critica d’arte e curatrice di mostre, oltre che consigliere d’amministrazione del Palaexpo e del MAXXI.

Prima di tutto quanti sono i nipoti di Marinetti?
«Siamo 8 nipoti. Quattro sono figli di Vittoria, due di Ala e due di Luce, fra cui io. A proposito delle figlie di Marinetti posso dire sinteticamente che Vittoria ha avuto una galleria a Milano e che ha seguito in particolare la pubblicazione di tutti gli scritti di Marinetti da parte di un insigne studioso come Luciano De Maria. Ala ha tenuto diversi interventi pubblici per ricordare il padre, mentre mia madre Luce ha promosso lo studio del Futurismo negli Stati Uniti portando a pubblicazioni importanti e organizzando fra l’altro un simposio memorabile a Yale».

 



Che carattere aveva Marinetti?
«Era un inesauribile animatore, capace di trasmettere a tutti tanta energia e passione, con il dono di fare rete, si direbbe oggi. Casa Marinetti, a Roma, era aperta tutti i giorni dalle 17 in poi a chi volesse conoscere Marinetti e il Futurismo, con l’idea soprattutto di rivolgersi ai giovani che erano al centro dell’attenzione di mio nonno. Era un grande comunicatore anche con le figlie, sapeva spiegare loro anche le cose più complesse in modo comprensibile. Era un padre e marito affettuoso, quando partiva per i suoi frequenti viaggi di lavoro, se voleva dire qualcosa a sua moglie Benedetta le mandava due o tre telegrammi al giorno, come oggi si usano i messaggi».

La figura di Marinetti oggi può piacere ai giovani?
«Sì, senza dubbio. Era un entusiasta per tutte le novità e non aveva paura del cambiamento, per questo piace ai giovani. Era un grande visionario, aveva la capacità di vedere meglio e oltre. Sapeva capire come sarebbero cambiati gli esseri umani con l’entrata in gioco delle nuove tecnologie, ha anticipato perfino l’idea di internet e di comunicazione simultanea. Era guidato dalla forza dell’utopia, una cosa che oggi manca. Era un grande patriota, per lui il bene nazionale veniva prima di tutto e questo spiega anche alcune sue posizioni politiche oggi discutibili».

 



Che idea si è fatta della mostra che sarà presentata alla GNAM?
«Penso che sarà coinvolgente e popolare nel senso migliore del termine, come sarebbe piaciuto a Marinetti. Aprirà uno squarcio sul Marinetti visionario anche in relazione con le nuove tecnologie di oggi. Sono molto contenta che alla GNAM si faccia finalmente una grande mostra sul Futurismo, è un museo davvero importante e oltre tutto bellissimo, un vanto della nostra cultura. Sono molto perplessa per questo ulteriore tentativo, soprattutto da sinistra, di screditare un movimento così significativo colorandolo di questioni non attinenti e facendone una bandiera per la lotta politica. Non erano queste le intenzioni dell’ex ministro Sangiuliano né tantomeno dell’attuale ministro Alessandro Giuli. E apprezzo molto la scelta di coinvolgere Federico Palmaroli, in arte Osho, perché è un grande comunicatore e un sincero appassionato di Futurismo che saprà animare al meglio la mostra e il museo. Non capisco tanto accanimento nei suoi confronti».

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