guerra tra toghe

Dossieraggio, parla Palamara: "Nel mirino degli spioni i magistrati non allineati. Csm pieno di cecchini"

Edoardo Sirignano

«Nel palazzo del potere è sempre stata diffusa l’idea che per combattere il nemico di turno bisogna colpirlo con un cecchino, che utilizzando notizie e informazioni riservate, sia in grado di determinare la caduta di personaggi scomodi. Tra questi vi rientrano anche quei magistrati non allineati e che vogliono svolgere il loro lavoro in maniera indipendente, senza farsi coinvolgere da quello che è gradito a questo o quel giornale. La storia giudiziaria e quella del Csm, d’altronde, è piena di cecchini». A dirlo Luca Palamara, ex presidente dell’Anm.

Sembra che qualcuno abbia voluto riempire, a tutti i costi, i cassetti dell’Antimafia, pur non essendocene bisogno. Perché?
«Intorno all’aumento di competenze della Dna nel 2019 si è giocata una partita di potere, che ha visto contrapposti da un lato l’allora procuratore Cafiero e dall’altro i big delle procure distrettuali capitanate da Pignatone e Greco. Il verbale di Melillo conferma tutto questo. In quel periodo storico la volontà politica della maggioranza di governo fu quella di far prevalere le competenze della Dna il cui vertice forse non era pronto a calcolare gli effetti di ciò che sarebbe potuto accadere, non avendo evidentemente il pieno controllo dell’ufficio».

Sembra quasi che qualche suo ex collega, prima che venisse fuori il caso, era consapevole dell’azione di Striano e abbia pure tentato di bloccarla...
«Questo ce lo potrà dire solo lo sviluppo dell’indagine, per il momento possiamo, però, dire che Striano sicuramente non agiva da solo».

 



Come vede questa rete che si era creata tra Roma e qualche ufficio periferico della Guardia di Finanza?
«Io penso che quello, che in qualche modo sta emergendo, evidenzia plasticamente l’esistenza di cordate di potere all’interno delle quali devono essere ricompresi pubblici ministeri, polizia giudiziaria, uomini dell’intelligence e giornalisti “fidati” che in qualche modo con il battage mediatico riescono ad alzare un polverone per orientare il giudice, che sarà chiamato a decidere sulle richieste del pubblico ministero».

Palamara quando ha parlato del “Sistema” ha riferito di un altro tema di cui si sarebbe occupato, quello delle Procure territoriali. È questo forse l’ultimo pezzo del puzzle?
«Dall’avvento della direzione nazionale antimafia i rapporti tra la procura nazionale e le procure distrettuali hanno sempre in qualche modo scatenato gelosie e diffidenza tra i magistrati. Basta ricordare come esempio quello che accade tra la Boccassini e l’attuale procuratore di Firenze».

Sembra quasi utopia, ma è possibile pensare a un collegamento tra il caso dossieraggio e la recente inchiesta di Bari? Se esiste un filo conduttore, quale potrebbe essere?
«Solo lo sviluppo delle indagini potrà chiarire tutti questi aspetti. Un dato, però, è certo: l’ossessione a cercare notizie ed informazioni contro l’attuale maggioranza di governo».

 



Tavaroli, in una recente intervista, ha parlato di “traffico di dossier”, superiore a quello della droga. Se questo nuovo business parte dalla magistratura, quest’ultima non rischia di perdere credibilità?
«Oggi chi riesce ad entrare in possesso per primo di un’informazione riservata ha un’arma di ricatto formidabile per ottenere questo o quell’incarico, per toglier di mezzo questo o quel personaggio pubblico scomodo. Sul versante della magistratura quando ci sono state fughe di notizie e in particolare di intercettazioni riservate le indagini si sono concluse con archiviazione a carico di ignoti, salvo poche eccezioni. In realtà identificare chi compie una fuga di notizie, come più volte sostenuto anche dal procuratore Gratteri, non è così difficile. Mancando la volontà a trovare l’autore del reato, si finisce, purtroppo, per alimentare un meccanismo distorto. Ancora una volta, come pure lei ha evidenziato, a essere colpita è sempre la stessa parte politica.

Nell’ultima vicenda conti correnti, sembra quasi di ritrovarsi davanti alla famosa intercettazione, in cui diceva a un suo collega che Salvini non poteva essere toccato. Quale è la regia che non deve venir fuori?
«È indubbio che quanto sta accadendo si ripete sistematicamente quando tutto ciò che non è sinistra è al governo. Questo insegna la storia».