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Iran, l'ex 007 Marco Mancini: dove si nasconde Khamenei

Aldo Torchiaro

Marco Mancini, lei è stato dirigente Dis, Aise e prima ancora Aisi. Mantiene ancora una rete di informatori nel mondo arabo, le cosiddette fonti humint?
«Per la buona sorte di chi parla con me non posso dirlo. Diciamo che ho ancora amici strutturati all’interno di organizzazioni – che possono essere simpatiche o antipatiche – che ho coltivato nei molti anni di servizio.
Incluse Hezbollah e Hamas».

Ore incandescenti in Medio Oriente. I soldati italiani di Unifil sono a rischio?
«Vanno modificate le regole di ingaggio Unifil, che sono stabilite dall’Onu. Sarebbe davvero disdicevole la notizia che i nostri soldati – che sono straordinari e si comportano con merito e onore – finissero per stare lì a difendere loro stessi. Questa missione, va detto, non ha raggiunto gli obiettivi che si prefiggeva: è stata un mezzo fallimento».

 

 

Guardando allo scenario, l’Iran attacca Israele dopo che sono stati messi fuori combattimento Hamas, Outhi e Hezbollah. Quindi giù la maschera, c’era Teheran dietro...
«L’Iran ha avuto sempre una funzione di guida in quell’asse. Pochi sottolineano che c’è stata proprio Teheran dietro all’esecuzione degli attentati del 7 ottobre. Israele dopo quella sonora batosta, dovuta soprattutto all’eccessiva fiducia nella sola attività di cyberintelligence, doveva ripristinare l’attività umana: reclutamento, infiltrazione, analisi di prossimità. L’Iran non si è accorto di questo ripristino del controspionaggio offensivo che ha messo in moto il Mossad. E Israele ha così penetrato i gangli vitali di Hezbollah e individuato con precisione il nascondiglio di Nasrallah».

 



E, per caso, la sua rete le saprebbe indicare anche dove si è andato a nascondere, per timore della reazione israeliana, la Guida suprema dell’Iran, Khamenei?
«Io ho idea di dove sia. Ho la sensazione che Khamenei sia nascosto in un luogo difficile da penetrare: sottoterra, in un bunker sotterraneo presso la località di Mashhad, in prossimità della sepoltura del grande imam Ali al-Rida. Un luogo di pellegrinaggio comune a sciiti e sunniti».

Khamenei si fa scudo di sacre vestigia, sperando che Israele non osi mettere nel mirino un monumento storico di interesse religioso?
«Sì. Facendosi scudo di santuari e templi sacri che però non da oggi danno rifugio a molti terroristi».

A proposito di terroristi, a Jaffa è entrato in azione un primo commando. Avrebbe informazioni anche su questo?
«Ritengo che a Jaffa ci sia stata una determinazione precisa, niente affatto spontanea. Hashem Safieddine, il capo del consiglio esecutivo di Hezbollah che sta prendendo il posto di Nasrallah ha deciso in una concitata riunione che si è tenuta lunedì scorso di mettere in atto quattro attentati in Israele».

 

 

Ne abbiamo notizia di uno solo.
«Uno solo è stato messo parzialmente in atto. Aveva progettato un attentato all’aeroporto Ben Gurion, uno presso l’abitazione privata di Netanyahu e due presso stazioni ferroviarie. Quello di Jaffa era in prossimità della stazione, in effetti. Ed è costato la vita a otto passanti».

Safieddine è già pericoloso come era Nasrallah?
«Il colpo di Israele è stato fortissimo ma Hezbollah è attrezzato per le decapitazioni. Hashem Saffiedine, cugino di Nasrallah, è già un leader strutturato ed è ufficialmente un uomo di Teheran. Suo figlio ha sposato la figlia di Qassem Soleimani, l'ex comandante della Forza Quds dell'Iran. Ecco perché pur di difenderlo l’Iran ha fatto partire duecento missili in una notte. Non tutti sanno che il fratello di Hashem è nella diplomazia iraniana: viaggia nel mondo con passaporto diplomatico».

Cosa accadrà secondo Lei?
«Un’operazione di vendetta per l’uccisione di Nasrallah che possa coincidere con l’anniversario del 7 ottobre, rievocandolo stavolta da nord. Vogliono usare dei tunnel per penetrare il territorio della Galilea, entrando dal Libano. In quei tunnel Hezbollah starebbe stoccando un arsenale di 150.000 tra missili, razzi e armamento».

Perché Nasrallah era volato a Teheran, pochi giorni prima di morire?
«Era andato a chiedere il permesso di usare quei missili contro Israele. Permesso negatogli. L’Iran pensava di poter gestire questa fase con tempi più lunghi, ma il Mossad ha localizzato Nasrallah al suo rientro e l’IDF lo ha fatto saltare. Non si è finora detto che Nasrallah al momento di morire aveva al suo fianco il vicecapo dei Pasdaràn iraniani. Che lo aveva seguito in Libano proprio per verificare che la situazione non sfuggisse di mano all’Iran».