Salvini? "Chi dovevano processare", Bernardini de Pace affonda i pm
Il Pm chiede 6 anni di reclusione, gli avvocati di parte civile gli chiedono 1 milione di euro di risarcimento danni per i propri assistiti. Matteo Salvini è nell’occhio del ciclone o, meglio, nel vortice del processo Open Arms. Un procedimento che lo vede imputato per sequestro di persona (art. 605 c.p) e rifiuto di atti d’ufficio per avere ostacolato lo sbarco di 147 migranti soccorsi poi dalla nave Open Arms ormai 5 anni fa. “Mi domando come sia possibile che venga accusato Salvini di sequestro di persona quando questi migranti erano sulla barca da giorni e il comandante aveva rifiutato lo sbarco in qualsiasi porto, sia della Spagna che di altri paesi”: è l’incipit del pensiero di Annamaria Bernardini de Pace sulla vicenda giudiziaria che vede imputato l’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
In base alle parole della nota divorzista - ospite come di consueto della trasmissione 4 di Sera condotta da Roberto Poletti e Francesca Sbarra – la principale responsabilità del mancato approdo a terra sarebbe da attribuire al comandante del barcone colmo di migranti: “Salvini si è trovato delle persone già sequestrate, non è stato lui”. Bernardini de Pace grida al complotto, per poi mettere in mezzo anche colei che ha ereditato il ministero dell’Interno dal leader della Lega, durante il Governo Conte II: “Lì c’era una volontà specifica di arrivare in Italia per creare un caso. Però per lo stesso motivo non riesco a capire perché Salvini viene processato, mentre Luciana Lamorgese che aveva fatto la stessa cosa invece no”.
L’avvocata si riferisce al fatto che anche Lamorgese bloccò i migranti sulle barche della fortuna impedendo alle navi umanitarie di intervenire, ma nessuno l’ha mai indagata. In studio c’è anche l’ex deputato del Pd Emanuele Fiano che muove la sua obiezione in merito: “La differenza con gli atti della Lamorgese è che non c’era stata la bocciatura del decreto Sicurezza bocciato dal Tar”.
Per Bernardini de Pace è ardua impresa ormai credere in una magistratura imparziale che, a suo dire, attua una disparità di trattamento: “C’è una confusione tale che non so a cosa mi devo rifare per credere nella giustizia”. Ad ogni modo, chiude la divorzista: “A me non sembra che ci siano gli estremi per il reato di sequestro di persona, perché questo significherebbe togliere a qualcuno la possibilità di muoversi e andare dove vuole. Il comandante avrebbe potuto approdare a un qualsiasi altro porto, non era costretto da nessuno a restare in mare”.