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La tentazione di Pier Silvio Berlusconi: in politica come papà. Il retroscena di Bisignani

Luigi Bisignani

Caro direttore, l’ultima tentazione di Pier Silvio. Nato sotto il segno del Toro, 55 anni, il secondogenito del Cavaliere ha deciso di scendere in campo. Basta guardare la campagna di spot sul diritto alla diversità e all’inclusione che passerà tra qualche giorno sulle reti Mediaset. Ora il dilemma è se metterci o meno la faccia. Suo padre lo fece a 58 anni e della politica si innamorò fino alla fine. La sorella Marina, «in love» con Mario Draghi ma sempre con Gianni Letta al fianco, lo scoraggia. Lo spinge invece, il più pragmatico Niccolò Querci, uno degli uomini più fidati del padre e oggi suo consigliere; il manager sta testando, come si dice in gergo, il gradimento e il giudizio degli italiani su Pier Silvio. I dubbi dell’ad di Mediaset ruotano probabilmente attorno a come interpretare il nuovo ruolo consapevole che quello dirompente di suo padre resterà irraggiungibile.

Pier Silvio con il suo carattere schivo, salutista e profondamente riservato, a differenza del Cavaliere rifugge, quando può, ogni incontro pubblico, arrivando addirittura a sanificare le mani anche dopo una semplice stretta di mano. È nota la sua maniacale pulizia degli attrezzi delle amate palestre o dei manubri delle biciclette che usa. A ciò si aggiunge l’ossessione per la privacy sulla sua famiglia, a cui dedica tempo e attenzione: dalla primogenita Lucrezia Vittoria avuta insieme a Emanuela Mussida- che lo ha reso nonno nel 2021, di Olivia, alla compagna di vita, la brava e discreta Silvia Toffanin, a cui è legato da oltre vent’anni e che gli ha dato due figli, Lorenzo e Sofia.

 

Tutto ciò verrebbe stravolto. Il dilemma è grande: seguire le orme del Cavaliere e scendere in campo nel 2027, sempre che non si voti prima, oppure abbracciare un altro percorso di potere, come ha fatto il più acerrimo nemico del padre, Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd che, pur uscendo pesantemente sconfitto dalla lotta con Silvio, ha condizionatola vita politica italiana, contribuendo a scegliere addirittura Presidenti della Repubblica, del Consiglio e Ministri a partire dal 1974. Un nome e un esempio tra tutti: Bruno Visentini, che salvò De Benedetti dal fallimento dell’Olivetti permettendo amigliaia di dipendenti di transitare alle Poste. Sulla discesa in campo di uno dei figli di Berlusconi, credo di essere stato tra i primi a parlare di Marina.

 

Correva l’anno 2013 e fui raggiunto da una telefonata del Cavaliere- a seguito di un mio articolo su Il Tempo - il quale aveva ascoltato anche la mia partecipazione a «Un giorno da pecora», la trasmissione radiofonica di Rai Radio2, allora curata dall’«anziano» Claudio Sabelli Fioretti e dal sempre «giovane Giorgio Lauro, che aprirono la puntata con una parodia della canzone «Marina Marina Marina». Erano i primi tempi di Dudù e di Francesca Pascale che dovrebbe ricordarselo: «Luigino (ndr. un retaggio della Prima Repubblica, così mi chiamava il Presidente), non insistere, finché vivrò non permetterò mai che un mio figlio scenda in politica perché non sopporterei che facessero a loro, che sono bravissimi nel loro lavoro, quanto hanno fatto a me». In seguito, la questione fu ripresa più volte da un grande amico di Berlusconi, Giuliano Ferrara, che vedeva nel coinvolgimento di Marina l’unica soluzione per garantire continuità e stabilità politica in Italia.

Su Pier Silvio, nella scelta di quale percorso intraprendere, peserà sicuramente l’impegno di dominus di Mediaset con l’ambizioso obiettivo della realizzazione di una piattaforma integrata di media europei. Ciò necessita ancora di tante energie e la non ostilità dei mercati finanziari internazionali. Il progetto non è nemmeno a metà percorso di implementazione eppure ha già prodotto risultati molto positivi sia a livello di bilancio che di raccolta pubblicitaria tanto che JPMorgan ha «incoronato» Mediaset, alzando il rating della sua holding Mfe-MediaForEurope.

Il sogno di creare il primo vero broadcaster europeo in grado di competere su scala globale anche con i giganti delle multinazionali del web passa attraverso una costante crescita organica e una continua integrazione con ProsiebenSat, il colosso televisivo tedesco e altre realtà. Pier Silvio ne è ben cosciente. Tuttavia una cosa è ormai assodata: la famiglia Berlusconi non ha intenzione di disperdere un patrimonio come quello di Forza Italia, sul quale ha investito negli anni quasi un miliardo e che ora deve garantire per un’esposizione di circa 90 milioni di euro. Pure il partito è una creatura del padre e i figli vogliono che continui a vivere, anche per onorarlo, magari portando avanti quelle sue istanze liberali che oggi «salgono» più forti che mai dalla società civile. E poco importa se cozzano con la linea della premier Meloni o di Matteo Salvini.

In tutto questo il capo di Forza Italia, Antonio Tajani, in un primo momento appiattito sulla linea della premier, dopo le esternazioni di Pier Silvio e Marina, ha trovato il «quid» giusto, capendo che il ruolo moderato di Forza Italia può fare la differenza anche come «anti-Legavannacciana». Ne ha già avutola dimostrazione in Europa, con l’elezione di Metsola e von der Leyen, e a casa nostra con le prime schermaglie sullo «ius scholae».

Pier Silvio, che ha già calato più di un asso lasciando le briglie sciolte alle reti Mediaset, ha intenzione forse di diventare, come il padre, presidente di Forza Italia, intercettando così, ancora di più, i voti al centro, ora che c’è una fuga dal Pd della Schlein e da Azione di Calenda dove Carfagna e Gelmini si trovano sempre più a disagio, e magari concludere pure un accordo con Matteo Renzi, che a Marina e Pier Silvio non dispiace? E perché non aiutare i tentativi di far rinascere la Dc ora che Cesa, Rotondi e Cuffaro si stanno mettendo d’accordo sull’uso del simbolo sotto la spinta del Segretario di Stato Parolin. Magari Pier Silvio vuole portare a termine ciò che al padre non è stato permesso travolto dalle cene eleganti: creare un grande movimento cattolico, liberale e di pacificazione che guardi fortemente al centro, sulla scia dello storico discorso di Onna del 25 aprile del 2009, che dia una prospettiva concreta alle giovani generazioni, che riconosca i diritti di tutti, garantendo libertà di coscienza nelle scelte più intime e delicate, che riporti l’Italia sul sentiero della crescita del Pil, del lavoro e del benessere per tutti, con uno Stato che non intervenga in economia e si limiti ad assicurare condizioni ideali, dal fisco alla giustizia, perché i privati possano fare impresa.

Berlusconi aveva due fari in politica: l’Italia e la libertà, con cui era solito concludere tutti i suoi discorsi. Una legacy culturale che non può essere sprecata. Meno male quindi che Pier Silvio c’è.