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Paderno Dugnano, Feltri: “Il dramma e il cuore. Quei nonni che tengono insieme amore e rabbia”

Vittorio Feltri
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Continuo a pensare ai nonni di Riccardo, il ragazzo di Paderno Dugnano che per smania di libertà, o perché si sentiva estraneo al mondo cui apparteneva, ha massacrato in due minuti netti la famiglia. Toccherà a loro prendere in mano le redini. E ricomporre quello che resta di quattro vite a brandelli: un nipote amatissimo e lo scempio che ha fatto del suo fratellino e dei suoi genitori. Lui ha già chiesto di vederli attraverso i legali. E loro da bravi nonni hanno già accettato. Quanto amore si è palesato sotto questo primo scambio di scartoffie e pratiche burocratiche. Ma il compito è ingrato, a tratti sovrumano. Entreranno nella stanza del Beccaria col cuore sgomento. Vedranno un ragazzino straziato e stremato, le mani nervose, gli occhi che fremono in attesa del pianto. Poi si metteranno a sedere sulla seggiola scomoda del parlatoio, pregando dio che non sia quello il finire lieve della loro vita. E quando si saranno resi conto di non aver via d’uscita, riconosceranno il nipote amato, accudito, curato. Ma non potranno fare a meno di vedere in faccia il carnefice, l’assassino spietato che con le stesse mani con cui giocava a pallone nel cortile di casa o pasticciava la torta appena sfornata dalla nonna ha brandito un coltello di 20 centimetri e ha fatto tabula rasa di tutto. Il bivio si porrà allora a quel tavolo disadorno del carcere minorile. E la scelta sarà molto semplice: continuare ad amare. Oppure raccogliere il vuoto della loro disperazione e andarsene via.

 

 

Per quel che so dei nonni e di chi resta dopo una tragedia immane, continueranno ad amare e cercheranno di portare al di qua del guado il nipote che si è perso. Gli vorranno bene un po’ di più. Proveranno a capire un po’ di più. Ricucire gli strappi. Colmare i silenzi. Svuotare gli eccessi. Perché è l’unica strada che hanno per vivere e dare un senso alla loro esistenza. E lo faranno con il rispetto e l’intelligenza che usano i saggi, scrutando nei suoi occhi quello che può essere avanzato di una famiglia perbene (non perfetta si badi perché nessuna lo è, anche se tutte lo credono): i pensieri di una madre amorevole, i sorrisi di un papà giusto che lo portava in barca a vela, i sogni di un dodicenne ansioso di assomigliare al fratellone grande che giocava con lui sul prato e non faceva paura. Ogni delitto è uno strazio e va analizzato. Ma questo lo è ancora di più perché non ha un movente. Non si capisce una, figurarsi trenta coltellate inferte a chi ci ha generato, e 38 al fratello amatissimo. Allora in assenza di spiegazioni si va per tentativi. Sociologi e commentatori sono già entrati nelle case di tutti noi e hanno squadernato la crisi della famiglia tradizionale, componendo un quadro a dir poco allarmante. Non ho titolo per dire se ci fossero pressioni o incomprensioni in quella famiglia straziata. Ma so per esperienza che l’essere genitori è una delle incombenze più difficili della vita.

 

 

Oggi più di un tempo. I genitori hanno perso l’autorità e la voglia, sono ansiogeni a tratti ammorbanti, scambiano l’amicizia con l’empatia e non sanno come intercettare il cuore dei figli, figurarsi le parole, impegnati come sono ad accumulare lavoro e impegni o a intossicarsi la vita di stronzate. Intanto i figli, anche i più capaci e affettuosi, si stordiscono davanti alla playstation, non hanno sogni d’amore e d’amicizia, le relazioni le vivono filtrate dallo smartphone che si portano appresso come una protesi irrinunciabile, e quando si sentono in difficoltà esplodono. In tutto questo non si pensa mai ai nonni. A quello che potrebbero e possono fare. A ciò che sono stati e a quello che rappresentano. Portano sulle spalle il peso di famiglie poderose. E sono misteriosamente precipitati in fondo alla classifica delle priorità esistenziali, resi macchiette di una società in cui solo il concetto di vecchio fa accapponare la pelle. Saranno loro la salvezza di questo ragazzo. Come finiscono per l’esserlo in ogni delitto consumato in famiglia. Muore lei, o muore lui, e i bimbi sprofondano nel nulla o vengono raccolti dai nonni. Anche quando la giovane mamma di Martinengo a gennaio uccise il marito a coltellate, senza pensare alla figlia che era di là che dormiva e sognava, la nonna si fece subito avanti: «Penserò io alla mia nipotina e le farò scudo da ogni male del mondo». E a Samarate furono due nonni amorevoli a raccogliere i cocci di Nicolò, il 24enne sopravvissuto alla strage familiare compiuta in una notte di follia da un padre diventato orco.

 

 

Pensate soltanto alla prova immane che è richiesta a questi nonni di Paderno Dugnano. Tenere insieme l’amore e la rabbia. L’abbraccio del conforto e la reprimenda per il male compiuto. Non parlo da nonno. Ma per esperienza dei nonni, colonne portanti della società ridotte a nulla. C’era un tempo in cui gli anziani sedevano al posto più importante della tavola come in cima all’albero genealogico, e impartivano consigli e direttive. Non c’era decisione che non passasse da loro. E non c’era figlio o nipote che non ne subisse l’autorevolezza. Oggi sono spremuti fino al midollo per fare da supporto a genitori evanescenti. E quando arriva l’età in cui i pargoli non hanno più bisogno, vengono presi e buttati via. Lasciati su uno sgabello in fondo alla cucina o nella stanzetta più buia e polverosa della casa a contare i malanni, con le mani giunte sulle ginocchia e il cuore pieno di ricordi. Le rughe che attraversano i pensieri e non sono più d’aiuto a nessuno. Solo il 18% dei giovani della generazione zeta ha un buon rapporto col nonno. E buono significa che gli telefona, o gli manda un messaggino sul telefono. Niente altro. Divago lo so, ma è per dire che forse certi mali i nonni li potrebbero contenere e prevedere. Capirebbero gli errori, le paure, i silenzi. E darebbero quei consigli intrisi di saggezza e buonsenso che oggi sembrano parole regalate al vento. Sono stati ragazzi in un’epoca in cui non c’era nulla. E il loro nulla valeva molto più del pieno di adesso. Non so se Riccardo risalirà la china. Ci sono riusciti altri prima di lui, i giovani scordano il male e tornano facilmente a galla. Ma so che quei due nonni lo aiuteranno e sosterranno finché avranno fiato, col loro fardello pesantissimo da portare. Sorrisi e parole d’amore mentre il cuore si schianta in un dolore indicibile, mischiato al senso di fallimento. Non è giusto. Non è umano. A loro va il mio abbraccio e il mio conforto infinito.

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