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Porro e Cruciani e il caso Trocchia-Giudice: "Non avviene per nessuno", cosa non torna
Come noto Nicola Porro e Giuseppe Cruciani, protagonisti de "Un tavolo per due" che chiude la prima puntata di Quarta Repubblica in onda lunedì 2 settembre su Rete4, sono due garantisti di ferro: la presunzione di innocenza vale per tutti, sempre. Anche nel caso dei due giornalisti Nello Trocchia e Sara Giudice, indagati dopo la denuncia per violenza sessuale di un donna, anche lei giornalista, vicenda per la quale la procura ha chiesto l'archiviazione, a cui la presunta vittime ha già annunciato che, eventualmente, si opporrà.
A prescindere dalla vicenda e dalle presunte responsabilità dei protagonisti, i due giornalisti sottolineano alcuni aspetti che riguardano l'informazione. "Dobbiamo cercare intanto di apprezzare il fatto che sui giornali non esce tutta la panna montata se non nel momento dell'archiviazione, e questo non avviene per nessuno", afferma il conduttore che nota un trattamento della notizia diverso dal solito. "La seconda cosa: ma è possibile che in questo caso ci sono tutte queste tutele nei confronti dei presunti violentatori? - si chiede Porro - Io son ben contento e li considero innocenti, sia chiaro, perché deve essere dimostrata la loro colpevolezza e non sono loro che devono dimostrare loro innocenza, però all'inizio di questa puntata abbiamo avuto Giovanni Toti e voglio finire con questa storia: c'è qualcosa che non va a seconda di chi è vittima della delle accuse".
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Cruciani a quel punto commenta che i due giornalisti accusati sono "diciamo di area di sinistra", ma "se questa storia avesse coinvolto Giuseppe Cruciani o Nicola Porro in coppia, da soli o con altre persone, noi saremmo già ai ceppi", argomenta il conduttore de La Zanzara. "Io ovviamente penso come te che sono innocentissimi", continua, "però nel trattamento che ha ricevuto e che sta ricevendo la presunta vittima rispetto ad altre presunte vittime c'è una disparità incredibile", spiega il giornalista che cita come esempi opposti il caso delle accuse al figlio di Beppe Grillo e al figlio di Ignazio La Russa. Insomma, se "si fosse trattato di persone come te o come me considerati maschilisti e contro il femminismo saremmo già in galera", afferma Cruciani. I due concordano anche su un altro fatto che riguarda la difesa mediatica di Giudice, che in una intervista a Selvaggia Lucarelli sul Fatto parla di una possibile "crisi di conformismo" della collega che era nel loro in taxi. "Sulla frase crisi di conformismo ci avrebbero impiccato", afferma Cruciani.