Preoccupazioni

Caso giornalisti, ecco gli sms ‘incriminati’: quei messaggi per indirizzare le indagini

Rita Cavallaro

Un rapporto di amicizia che si interrompe bruscamente dopo il viaggio con le effusioni in taxi. Che qualcosa di strano sia scattato nella mente della presunta vittima di molestie per le quali sono accusati Nello Trocchia e Sara Giudice, è delineato da una serie di whatsapp riportati negli atti dell'inchiesta coordinata dalla pm di Roma Barbara Trotta, la quale ha chiesto l'archiviazione senza sentire la ragazza. La sera del 30 gennaio 2023, infatti, la giornalista, dopo aver partecipato alla festa di compleanno di Sara, era salita sullo stesso taxi con i colleghi, con i quali aveva già fatto il viaggio di andata al party, senza alcuna tensione. Dopo la serata, però, quella corsa sul taxi, per lei, si sarebbe trasformata in un incubo. «Appena si sono chiuse le portiere me li sono ritrovati addosso», ha denunciato alla polizia il 2 febbraio 2023. Convinta di non aver dato il consenso alle effusioni con Trocchia e Giudice, ha chiamato un'amica presente alla festa «per cercare di comprendere se, nel corso della serata, lei avesse notato che loro avevano dato dei segnali per farmi intendere che volevano fare una cosa a tre», racconta nella denuncia. «Lei mi ha detto "assolutamente no", aggiungendo che Sara era molto ubriaca mentre Nello no... A lei ho raccontato la situazione dell'approccio e si è mostrata molto stupita, comunque mi ha rassicurato che non avevo manifestato nulla verso Nello e Sara. Detto questo, sono fermamente convinta che io quei baci non li volevo, che non ho mai avuto nessun interesse di tipo sessuale per Nello Trocchia e la moglie Sara. Ricordo che loro mi toccavano, avevo la sensazione di averli addosso e mi sentivo immobile, come una marionetta».

 

 

Assalita dal sospetto che qualcosa di strano fosse accaduto, all'indomani si era recata prima a un laboratorio medico privato e poi in ospedale, per un test che ha dato esito positivo alla droga dello stupro, referto acquisito agli atti che non ha trovato riscontro nelle successive analisi dell'Istituto Superiore della Sanità. Persuasa di essere stata ingannata, che qualcuno le avesse somministrato la droga nel drink e che la coppia potesse aver approfittato della situazione, la presunta vittima ha preso le distanze dai due, non rispondendo più ai messaggi. Whatsapp che la difesa degli indagati, che sostiene come la giornalista fosse consenziente, ha prodotto agli inquirenti durante l'interrogatorio del 2 maggio 2023. «Ehi tesò come stai? Come va in quella gabbia di matti?», scriveva Sara il 12 febbraio senza avere risposta. E il 27 febbraio: «Ma quindi solo come me sei sparita. Come stai? Ho fatto, detto qualcosa di sbagliato? Posso rimediare? Un atteggiamento di una violenza inaudita». Silenzi che avrebbero generato preoccupazione nella Giudice, la quale a quel punto scrive a un amico, sentito poi come teste. «Prima ti limonano e poi non ti rispondono».

 

 

In seguito, lo informa che la ragazza aveva denunciato moglie e marito. Nella chat datata 13 marzo, Sara gli diceva che gli doveva parlare di una cosa importante e doveva chiedergli di fare uno sforzo di memoria. «Ti ricordi al mio compleanno quando stavamo fuori dal locale io, te, Nello e la collega che aspettavamo un taxi. Che lei si è accovacciata e mi baciava tutta disinvolta?». L'amico replicava con il vocale: «Sì Sara... no più che là fori prima, sulla porta prima... poi lì al taxi sì stavate a fa un po' di mattacchioni così, però che è successo? Scusa, sì comunque si avvinghiava, vi avvinghiavate, certo tu eri più spinta, questo va detto». I due continuavano con i whatsapp il giorno dopo e il teste «affermava più volte che lui aveva visto tutto e che si trattava di un'accusa assurda, forse motivata dal fatto che la ragazza voleva stare al centro dell'attenzione e che aveva assunto qualche sostanza per fatti suoi anche recandosi a qualche festino e voleva darsi una copertura con il fidanzato», ricostruisce la pm. Che però non ha ritenuto rilevante sentire la presunta vittima, seppure il codice rosso imponga la convocazione entro tre giorni dalla denuncia.