botta e risposta

Bersani fa Vannacci e lo vogliono smacchiare: sparate, battute e querele

Alessandro Usai

Giù le mani da Pier Luigi Bersani. Un Patrimonio politico della battuta. Come dimenticare i suoi guizzi che valgono più di un editoriale. Come non tutelare la sua ironia che riesce a puntellare un affresco politico meglio di qualunque retroscena. L’inventore della “Mucca nel corridoio” per descrivere un grosso problema davanti agli occhi di tutti ha diritto all’immunità permanente. Dai giaguari smacchiati nelle battaglie berlusconiane fino al dentifricio nel tubetto impossibile da rimettere dentro, dal tacchino sul tetto al tortello a misura di bocca, le massime bersaniane hanno caratterizzato più di una generazione. Adesso però la situazione si fa grave ma non seria.

Tutto nasce dalle sparate del generale Roberto Vannacci che hanno incassato diverse critiche. Fino a quella un po’ troppo colorita per la verità di Bersani che più o meno ha fatto questa battuta velenosa: se in un discorso da bar si può dire a un gay di non essere normale, si può anche dire a un generale che è un sciocco? La parola era leggermente diversa ed obiettivamente offensiva. Ma il senso del ragionamento di Bersani era prettamente politico. Vannacci però non l’ha presa bene e lo ha querelato per diffamazione, vincendo la causa. “Posso ritirare la querela, ma Bersani si deve scusare pubblicamente - rilancia Vannacci - e fare una donazione a un'associazione di militari e poliziotti. Non è tollerabile l'uso di un linguaggio offensivo sul piano personale, che rischia di legittimare e incentivare violenze verbali estranee al dibattito civile".

 

Tutto finito? Macchè. Bersani non ci sta a farsi dettare le condizioni da Vannacci e chiede lui al generale di scusarsi per le frasi sulla diversità. “Con quella domanda, che rifarei tutti i giorni, non ho insultato Vannacci, ma le idee regressive che la destra sta sdoganando e che ci rubano il futuro. Mi sto occupando – dice Bersani in una intervista al Corriere - di quel rancore che le destre stanno scagliando contro i diritti sociali e civili“.

 

Un botta e risposta senza fine come in una partita di tennis. Vannacci resta a fondo campo e prova a infilare un generoso Bersani scattato a rete con un passante. “Strano che tra i tanti che si professano democratici e tolleranti – ribatte Vannacci sia io, etichettato da estremista, a cercare di mediare per giungere ad una soluzione ragionevole della contesa”. Eh no, caro generale. Se si fanno le battaglie per difendere la liberà di parola non si può poi risolvere la disputa a suon di denunce. Bersani sta paradossalmente facendo una battaglia linguistica proprio per difendere il vannaccismo. Non sarebbe meglio chiudere qui questo incidente riconoscendo che troppo spesso si eccede nel lessico?

Sarebbe un bel gesto che non può essere accompagnato da condizioni. Sarebbe una vittoria per Vannacci, ma la resa incondizionata francamente Bersani non la merita. «Prenderei anche un caffè con Bersani dice Vannacci magari in uno di quei bar di Ravenna che lui, nello sproloquio nei miei confronti, ha equiparato a luoghi di bassezza culturale». Speriamo ci sia questo incontro. Magari Vannacci potrebbe accoglierlo con una battuta proprio di Bersani: “Abbiamo scoperto che la mucca nel corridoio era un toro e ci è passata sopra”.