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Mancini, le rivelazioni dello 007: “Così sventammo l'11 settembre italiano”. E anticipa la mossa di Putin

Aldo Torchiaro
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Un 11 settembre in Italia, che avrebbe colpito l’ambasciata del nostro Paese a Beirut. Lo rivela in questa intervista a Il Tempo Marco Mancini, già responsabile del controspionaggio e del controterrorismo dell’intelligence italiana.

Mancini, quando lavorate bene, nei servizi segreti, del vostro lavoro non si parla.
«Però una cosa adesso la posso dire. Ero a Beirut quando Al Qaeda preparava l’11 settembre italiano: era il 17 settembre 2004, venti anni fa. Stavano per realizzare un attentato con 300 kg di esplosivo per scardinare le mura dell’ambasciata italiana a Beirut e farvi irruzione con bazooka e kalashnikov. Siamo entrati in possesso delle informazioni, sono volato a Beirut con i miei colleghi clandestinamente per accertarmi dell’identità del capo del gruppo terroristico Hamad Miqati, latitante da 12 anni. E l’ho arrestato io stesso, salvando, credo di poter dire, un certo numero di vite umane. Insieme all’intelligence libanese».

Tra poco più di un mese ricorre un anno da quel 7 ottobre in cui lo scontro di civiltà è precipitato. Un errore dell’intelligence israeliana?
«Ci sono stati errori del Mossad, dello Shin Bet (il servizio segreto interno, ndr.) e dell’Idf. Ma anche della politica israeliana. Hanno sottovalutato il pericolo e si sono appoggiati troppo – come ha riconosciuto il direttore del Mossad David Barnea, in Italia in questi giorni – all’elettronica. Algoritmi e AI sono importanti ma hanno finito per soppiantare l’analisi delle fonti umane, humint come si dice in gergo tecnico. Un errore, come si evince dai fatti».

 

 

A proposito di Israele, sul Lago Maggiore ci fu uno strano naufragio, una imbarcazione affondata con due vittime italiane e una israeliana. Stavano tenendo una riunione, magari informale, di intelligence congiunta?
«Conosco molto bene le persone che erano a bordo. Anche una delle vittime. Mi risulta un errore da parte di chi era al timone, ma non andrei oltre per rispetto delle indagini che sono in corso».

Qualcuno ha messo in relazione quel naufragio con quello del Bayesian...
«Eviterei di associare queste due situazioni. Gli errori umani esistono. L’attenzione da dare al meteo pure. Ed esiste anche la possibilità che, trovandosi a bordo del Bayesian uno degli uomini più ricchi del Regno Unito, le assicurazioni possano tentare di deviare la comunicazione in altri ambiti».

In questi giorni l’avanzata ucraina nella regione di Kursk è sorprendente. Come l’annuncio del loro missile balistico. Come risponderà Vladimir Putin?
«Intanto risponde con la rimozione dei vertici dell’intelligence russa di quell’area. Perché come aveva sbagliato inizialmente il Gru, che aveva assicurato Putin di poter vincere Volodymyr Zelensky in pochi giorni, così adesso prosegue la catena degli errori. Hanno fallito nuovamente, mentre gli ucraini sono riusciti con l’aiuto strategico di altre intelligence occidentali a penetrare in un’area dove gli 007 di Mosca non avevano captato alcun segnale di pericolo».

Militarmente, che notizie di intelligence ha sulle prossime mosse?
«Putin è un animale ferito, perciò più pericoloso. Il suo prossimo obiettivo? Proverà a colpire una diga molto importante, in prossimità di Kiev: potrebbero trovare la morte migliaia e migliaia di ucraini, se venisse colpita. E sarebbe un evento game-changer della guerra, nella sua tragicità estrema».

 



Putin apre e chiude i rubinetti dell’immigrazione, è vero?
«Putin ha preso, dopo la Siria, la Libia, porto dopo porto, tramite Haftar. E ha sostituito la Wagner, che non esiste più, con una brigata di mercenari africani senza scrupoli sotto il comando del servizio segreto militare russo, Gru. Dalla Siria e dalla Libia potrebbe anche inondare il Mediterraneo di migranti, agendo sulle loro rotte come un rubinetto che si apre e chiude a comando, avendo stipulato accordi con i grandi trafficanti libici di esseri umani, uno per tutti: Bija».

Un rischio per l’Italia, quello del terrorismo islamico, anche tramite ondate migratorie?
«Terroristi islamici in Italia ce ne sono e ce ne sono sempre stati, in transito. Quelli che vengono arrestati usano anche le carceri per radicalizzare gli altri. Vanno trattati diversamente dagli altri detenuti, con piani di rimpatrio immediati e definitivi».

Il nostro contingente Unifil è a rischio?
«I militari in zone operative sono sempre a rischio. Però i buoni alla fine vincono sempre. Nel 1983 Fouad Shukr, numero due di Hezbollah, organizzò un attentato che ha causato trecento vittime tra i militari occidentali in Libano. Pochi giorni fa è stato neutralizzato, dopo tanti anni di caccia, dagli uomini del Mossad che lo hanno rintracciato a Danieh, il quartier generale di Hezbollah a sud di Beirut. E con una operazione di humint, fingendo di essere un amico al telefono, lo hanno spinto a salire al settimo piano del suo palazzo, che hanno bombardato».

Sinwar dov’è?
«In un tunnel. Non sta più risalendo in superficie da giorni. Ed ha problemi dentro Hamas, che è esausta e quasi esanime. Il 50% del terrorismo di Hamas è stato neutralizzato e sempre più chi rimane al vertice insiste per restituire gli ostaggi vivi a Israele, come dimostra il "ritrovamento" di uno di loro, ieri».

Israele vincerà?
«Non può non vincere. Ma abbiamo informazioni che devono metterli in allerta. Puntino gli occhi verso il Libano, verso la località di Fakiha, vicino Balbeq, dove alla profondità di 80 metri ci sono installazioni di missili pronti a partire e a colpire Tel Aviv e Gerusalemme. Hezbollah non li ha ancora utilizzati. Una fonte attendibile mi dice che quella è una minaccia da considerare seriamente».

A Giorgia Meloni cosa consiglierebbe?
«Di continuare così sulle politiche per la sicurezza, ha capacità conclamate in ambito internazionale e può puntare a dare un valore aggiunto in termini di coordinamento delle intelligence nel Mediterraneo e nel Nord Africa. Siamo sempre stati protagonisti, anche in Medio Oriente, grazie al nostro accesso alle informazioni come quelle che stiamo qui elencando».

 

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