intervista

Salvatore Buzzi: "Da ex detenuto vi spiego la soluzione per migliorare le carceri"

Gaetano Mineo

Tornato libero lo scorso settembre, Salvatore Buzzi. Il cosiddetto ras delle cooperative romane è stato coinvolto nella maxi-indagine denominata Mondo di Mezzo. Dopo la condanna della Corte di Cassazione a 12 anni e 10 mesi di reclusione, Buzzi ha già espiato 6 anni e 7 mesi. Poi ha avuto la liberazione anticipata per circa un anno e due mesi. «Mi rimango 4 anni e 4 mesi che sto scontando in affidamento», ci dice. E dopo la sua esperienza carceraria, è convinto che due sono le direttrici su cui agire: interventi immediati e ridurre drasticamente le pene detentive compensandole con quelle alternative.

Buzzi, da ex carcerato, come percepisce questo dibattito politico che anima le cronache di questi giorni?
«Voglio usare una metafora. Se c’è una nave che sta affondando, non posso aspettare che se ne costruisca un’altra per salvare i passeggeri. Certo, posso avviare i cantieri per una nuova nave, ma da subito devo attivarmi per salvare le persone che sono a bordo per evitare che muoiano. In pratica, di fronte a 61 mila detenuti su 47 mila posti, che poi in realtà i posti sono anche di meno perché non si tiene conto delle celle inagibili, con una situazione agostana per laquale, in certi casi, si soffoca, o come in Sicilia, in Calabria e anche in Campania, dove in molti penitenziari non c’è nemmeno l’acqua in tutte le ore, che si fa? Aspettiamo la costruzione di nuove carceri?».

Ritiene che questo scenario accresca i suicidi in carcere?
«E’ indubbio che il sovraffollamento nelle carceri ha una sua componente nei suicidi, sovraffollamento dovuto maggiormente per carenze strutturali e per carenze di organico. Ma va detto pure che all’interno delle carceri spesso manca il supporto di un psicologo, sei abbandonato a te stesso e quindi è facile che un detenuto possa essere preso dalla disperazione».

Non solo detenuti ma anche guardie carcerarie si sono tolte la vita...
«Deve sapere che i suicidi degli agenti di custodia a volte superano quelli dei detenuti. Questo vuol dire che anche le guardie penitenziarie vivono lo stress di queste prigioni inumane. Va ricordato che la guardia penitenziaria è il front-office, che sta davanti al disagio, alla disperazione e anche ai disordini dei detenuti».

Ritiene di raccontare un episodio?
«Lo scorso anno ero detenuto a Catanzaro. Avevamo una situazione inumana, cioè temperature elevatissime, carenza d'acqua e di aria. In più, eravamo in due in una cella che invece ne poteva ospitare uno. Queste sono le situazioni, come fai a vivere in queste condizioni? E intanto, fuori dalle carceri, i politici discutono comodamente attorno a un tavolo o in un talk show beatificati dall’aria condizionata».

Quale sarebbero le prime cose da fare, alla luce di questo scenario?
«Ritengo che allo stato l’unica misura deflativa e non generalizzata per decongestionare le carceri sia la rapida approvazione della proposta di legge Giachetti-Nessuno Tocchi Caino che aumenta lo sconto di pena per la liberazione anticipata dagli attuali 90 giorni ogni anno di pena espiata a 120 giorni. Se vogliano andare a salvare la nave che affonda, per me è l’unica immediata proposta. E se fosse applicata retroattivamente, potrebbero uscire dal carcere circa 6-7 mila persone. E non è uno svuota carceri, perché parliamo di una misura premiale già esistente e che va nella direzione intrapresa dal ministro Nordio».

Dopo la sua esperienza giudiziaria, che idea s’è fatto della giustizia italiana?
«Non ho più fiducia nella giustizia italiana. Io ho avuto una condanna a 12 anni e 10 mesi, abnorme, per fatti banali. Fiducia che continua a vacillare anche alla luce di queste inchieste ad persona o ad oras che vengono fatte».

A cosa si riferisce?
«Mi riferisco alla più recente ed eclatante vicenda giudiziaria dell’ex governatore della Liguria, Giovanni Toti. Perché è stato arrestato? I ricatti, o parli o non esci dal carcere vendono sempre fatti con tutti i detenuti in fase di incarcerazioni preventive. Il caso Toti è la punta di un iceberg. Ed è divenuto di dominio pubblico perché era un presidente di Regione. Cosa sappiamo invece di tutti quei cittadini anonimi che non hanno gli strumenti di cui può avvalersi Toti e che sono caduti nelle maglie della giustizia in modo accidentale?».