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Arianna Meloni, Dreosto: "Poca riservatezza. Toti? Regione al voto per le indagini"

Gabriele Imperiale
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Cultura del sospetto e gossip estivo. È questo il quadro che fa Marco Dreosto sulla vicenda di Arianna Meloni e sulla presunta indagine a suo carico svelata dal direttore Alessandro Sallusti sulle pagine de Il Giornale. Il senatore della Lega, ospite di Omnibus su La 7, chiamato dal conduttore Andrea Pennacchioli a dire la sua sul caso che sta scuotendo la politica nostrana, parla delle “macchine del fango” che hanno avvolto in passato alcuni esponenti legati al suo partito e che si sono poi “dimostrate assolutamente inique”. Il suo commento è netto: “Io non entro nel merito di questa vicenda, perché ritengo che il nostro paese esista purtroppo un’esagerata cultura del sospetto e d'altro canto esista anche poca riservatezza dell'informazione – esordisce il senatore che poi motiva il suo pensiero – Ritengo che i giornalisti quando hanno delle informazioni le debbano assolutamente divulgare. Però troppo spesso escono informazioni che magari dovrebbero restare riservate a quelle che sono le indagini da parte dei magistrati”. 

 

 

 

Per l’ex europarlamentare la questione è molto semplice: “La riflessione che dobbiamo fare è quella che i nostri cittadini si attendono da noi che governiamo questo paese altre cose: fatti concreti per il lavoro, per i costi della vita, per la scuola e per l'immigrazione. E questo ovviamente è gossip molto spesso estivo”. Pennacchioli lo incalza e cerca di capire di più sul pensiero di Dreosto: “Lei crede che esista una sorta di sistema che magari non lavora come un corpo unico, come una grande ombra però che lavora di sponda?” “Io sono convinto che la maggior parte dei magistrati, dei giudici facciano benissimo il loro lavoro e debbano necessariamente effettuare indagini ogni qualvolta vi siano degli indizi che lo richiedono – spiega – Però veniamo anche noi da esperienze che hanno rovinato la vita delle persone”.

 

 

Per Dreosto bisogna far lavorare i magistrati, nonostante i precedenti: “Non entro nel merito di questa indagine perché ritengo che a questo punto sia ancora un'informazione giornalistica – ribadisce - noi dobbiamo fare una riflessione su quello che è il sistema paese rispetto a questi fenomeni”. Il riferimento è al caso Liguria e alle dimissioni del governatore Giovanni Toti a seguito dell’indagine a suo carico: “Come è stato detto giustamente dal direttore Minzolini – sottolinea l’ex europarlamentare della Lega che poi chiude il suo ragionamento – hanno costretto una regione ad andare al voto esclusivamente su delle indagini, ancora senza nessun tipo di processo o di indizio effettivo”.

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