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Di Francisca: "Non sono una bulla": il caso Pilato e l'affondo sul "buonismo imperante"

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"Vedo che se ne continua a parlare ancora oggi. Troppo", dice Elisa Di Francisca riguardo al commento duro alle parole di Benedetta Pilato. La giovane nuotatrice azzurra alle Olimpiadi di Parigi aveva sfiorato la medaglia di bronzo per un centesimo, ma aveva detto che era il giorno più bello della sua vita perché non immaginava di essere lì, tra le prime, spiazzando l'intervistatrice. La campionessa olimpica di scherma e commentatrice Rai poco dopo in diretta aveva chiesto provocatoriamente se Pilato "ci è o ci fa". DIalettica che ha scatenato un dibattito generazionale.

 

La fiorettista jesina è tornata a parlarne in una lunga intervista al Corriere. "Il messaggio è stato strumentalizzato. Ho parlato di pancia, per quella che è la mia storia. Poi ho i miei pregi e difetti", afferma Di Francisca. che si giustifica: "Non sono una giornalista: ero in diretta come ex atleta (...), mi è venuto da dire quello che ho detto perché ci credo profondamente". Ovvero che "la sofferenza, lo stare male per un risultato che non arriva, sia importante" perché "da lì si attinge la motivazione per ripartire alla conquista. Io ho sempre fatto così".

 

Ogni persona, tuttavia, trova motivazioni e stimoli in cose diverse. "Ma non per questo sono una bulla, una violenta, una stro... Sono una persona che delle sofferenze ha fatto tesoro". L'ex azzurra ammette che il “non so se ci è o ci fa” "si poteva evitare" e racconta la telefonata con la giovane nuotatrice. "Le ho telefonato la mattina dopo, ci siamo parlate. Non volevo pensasse che ce l’avevo con lei, una diciannovenne. Era un discorso più ampio". "Lei: perché hai detto quello che hai detto? È il mio modo di vivere la vita, figlio del mio modo di essere, ho cercato di chiarire. Ma tu non sei mica mia madre, ha detto. Se lo fossi ti direi le stesse identiche cose, ho risposto. Ma se ho urtato la tua sensibilità, ti chiedo scusa", è il racconto dell'ex fiorettista.

Sembra che ci sia un cambio di visione generazionale, tra la cattiveria agonistica vista in passato e lo spirito con cui gli atleti più giovani affrontano lo sport. "Mi spiace ma io appartengo alla generazione passata, ho avuto un padre severo che mi ha tirata su in un certo modo. Il buonismo imperante non è la mia filosofia", commenta Di Francisca. 

 

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