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L'oro a Khelif "punto di non ritorno": il botta e risposta tra Magliaro e Urbinati

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La medaglia d'oro olimpica di Imane Khelif, la pugile algerina iperandrogina al centro delle polemiche dopo che è stata ammessa dal Cio ai Giochi di Parigi mentre la Iba l'aveva estromessa dal mondiale di boxe, fa ancora discutere. A In Onda, il programma condotto da Marianna Aprile e Luca Telese su La7, ci si chiede se è la destra mondiale ad aver montato un caso che non esiste. A dar man forte in questo ragionamento c'è la professoressa Nadia Urbinati, secondo cui "c'è un timore nella cultura della destra". Spesso quello che riguarda il sesso e il genere non ha confini netti e definiti, afferma la docente di scienze politiche, "e questo fa paura". "Il tentativo di definire che cosa è uomo e che cosa è donna, al di là delle questioni diciamo scientifiche o biologiche, deve preoccupare perché significa che la vita di ciascuno di noi si deve sentire sempre in una condizione di controllo e di osservazione", afferma la docente. 

 

Tuttavia, poco prima Massimo Magliaro, giornalista e presidente della Fondazione Almirante, aveva fatto notare un aspetto fondamentale: parliamo della partecipazione di un'atleta che produce un alto livello di testosterone alle competizioni di sport da combattimento, dove le partecipanti hanno il diritto a gareggiare ad armi pari anche per gli evidenti pericoli fisici. "Credo che la medaglia d'oro della pugile algerina segni un punto di non ritorno - afferma l'ex portavoce del Msi - queste Olimpiadi non sono state giocate all'insegna delle regole, ognuno fa per sé e non ci sono regole omogenee per tutte le discipline sportive", spiega Magliaro che porta l'esempio clamoroso dello scontro "tra la federazione europea di boxe e quella mondiale, e questo non lo so dicendo io ma l'ha detto un personaggio molto importante, il professore Mario ireneo Sturla che è il capo della commissione medica del pugilato europeo". Insomma, servono innanzitutto regole certe e non ideologiche. 

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