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Caso Toti, parla Di Pietro: "I pm liguri mi indagarono e anche ora sbagliano"

Edoardo Sirignano
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 «I giudici che hanno trattato il caso Toti non sono in malafede, né hanno agito per ideologia. Hanno commesso, a mio avviso, semplicemente un grossolano errore. La motivazione per cui non può essere ridata la libertà al governatore perché potrebbe commettere reati dello stesso tipo è insostenibile. L’ultima cosa che farebbe il presidente della Liguria è ripetere lo stesso sbaglio, né troverebbe mai qualcuno disposto a corromperlo». A dirlo Antonio Di Pietro, ex Pm di Mani Pulite.

Che idea si è fatto rispetto a tutta questa vicenda?
«Capisco lo stato d’animo di Toti, come dei partiti che lo sostengono. Nel 1996, quando ero ministro, proprio in Liguria, per un’intercettazione in cui si diceva “quei due mi hanno sbancato”. (solo dopo si è scoperto che la parola utilizzata era sbiancato) fui raggiunto da un avviso di garanzia. Il clamore mediatico fu incredibile. Per rispetto delle istituzioni, pur essendo amareggiato, fui costretto a dimettermi. Parliamo, quindi, di un calvario che ho vissuto sulla mia pelle. Oltre a essere magistrato, ho rivestito tutti i ruoli previsti dal primo capitolo del codice di procedura penale».

 

 

Quale conclusione, quindi, si sente di trarre?
«Sbaglia chi racconta le vicende processuali, mettendosi nei panni di una parte. La questione è più complessa. La domanda che dovremmo porci è: fino a che punto tutto ciò che avviene prima della condanna deve essere considerato rilevante?».

In questo caso, però, parliamo di finanziamento illecito ai partiti...
«Non c’è niente di più ipocrito, ingenuo, scollegato dalla realtà che pensare che il sistema delle imprese finanzia il politico per un ideale. I partiti si comportano come la Chiesa. Effettuano una donazione perché hanno ricevuto una grazia o perché vogliono guadagnarsi il paradiso. Ciò accade perché ogni movimento politico ha un progetto, che, senza dubbio, ha delle conseguenze sul piano economico. È pur vero che ogni finanziamento è lecito quando viene dichiarato, ma è altrettanto vero che in questo modo si può raggiungere più di qualche escamotage per raggiungere fini illeciti. Siamo di fronte a un’ipocrisia legislativa di fondo. È impossibile che chi svolga una funzione pubblica, prima o poi, non incorra in un atto che fa l’interesse di una specifica persona o di un’impresa».

 

 

Come risolvere il problema?
«Occorre rivedere quanto prima il sistema di finanziamento ai partiti, con una nuova legge. Superando le mazzette e lo dice chi le ha combattute, purtroppo, non si è risolto affatto il problema».

Sul piano giudiziario, nella vicenda Toti, il reato, intanto, è stato commesso...
«Attenderei l’esito finale del processo per capire, se nel caso specifico, sia stato commesso un reato. Non conosco le carte e non mi affido alle sintesi interessate».

Toti, nel frattempo, doveva dimettersi o no?
«Sul piano ideale la politica dovrebbe continuare il suo corso fino a quando una persona può essere considerata innocente. Allo stesso modo, ritengo che il peso e la responsabilità verso le istituzioni, che comunque devono andare avanti, non possano subire le conseguenze di una tragedia personale o di un eventuale errore. Questa decisione nobilita Toti che, col suo gesto, ha evitato un danno superiore a quello per cui sta patendo».

Stiamo parlando, comunque, di un presidente che nella sua Regione, ha operato bene...
«Se dovessimo stabilire che sia preclusa la possibilità di arrestare un politico solo perché lavora bene è incostituzionale. In questo modo, si cristallizza solo uno scontro tra magistratura e politica, che non ha alcuna ragione di esistere».

Tale vicenda riapre il dibattito sulla riforma della giustizia. A che punto siamo?
«A metà dell’opera. Detto ciò, non si può dire che è tutto sbagliato. Avere un pregiudizio a monte verso chi cerca di cambiare, è una strada di non ritorno. Mi dispiace vedere un organismo come l’Anm sfruttare la sua credibilità per dire che tutto quello che fa l’attuale governo è sbagliato. Sarebbe opportuno, al contrario, discutere in merito ai singoli provvedimenti. Ad esempio sbaglia o è prevenuto chi sostiene che togliendo l’abuso d’ufficio si elimina un’arma per combattere l’illegalità».

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