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Kamala Harris, Federico Rampini rincara la dose: "Cosa dice la sua biografia"

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Ha creato vivaci polemiche l'articolo di Federico Rampini su Kamala Harris descritta come un prodotto delle élite e non certo un underdog della politica Usa pubblicato ieri sul Corriere della sera. Mercoledì 24 luglio l'editorialista, che è stato attaccato dagli anti-trumpiani di casa nostra, rincara la dose nel corso di Omnibus su La7. La vicepresidente prossima sfidante di Donald Trump dopo il ritiro della candidatura di Joe Biden è in una fase di "costruzione del personaggio" perché è un "prodotto relativamente nuovo, essendo rimasta un po' nell'ombra per circa tre anni e mezzo", spiega Rampini. 

 

Il giornalista ricorda l'impegno di Harris nella stagione del movimento antirazzista Black Lives Matter, "tramontato anche per una serie di scandali interni e corruzione, i suoi dirigenti hanno fatto una fine abbastanza impietosa. Però a quei tempi le frange più radicali del Partito Democratico Erano veramente molto forti", ricorda Rampini che ricostruisce il percorso che ha portato l'ex procuratrice di origini indiane e giamaicane ai vertici della politica Usa.

 

È stata rappresentata "come una figura emblematica delle minoranze oppresse e discriminate ma la sua biografia vera dice l'esatto contrario - fa notare Rampini - lei è figlia di immigrati che ce l'hanno fatta molto ma molto bene, la mamma ricercatrice universitaria e il papà Un economista molto affermato. E non hanno sofferto razzismo".  Insomma, "lei non rappresenta quel mondo di immigrati oppressi, schiavizzati e discriminati da una società razzista". L'editorialista ricorda tuttavia che Donald Trump è un miliardario figlio di miliardari, anche se è percepito come paladino della classe operaia.

Rampini poi dedica un passaggio del suo intervento alla carriera in toga, con aspetti "ambigui", di Kamala Harris. "È stata due volte procuratrice generale della procura di San Francisco e attorney general dello Stato della California, una sorta di ministro della Giustizia - spiega il giornalista - all'epoca lei non fece parte di quel movimento dei magistrati di estrema sinistra come quello che a New York ha fatto il processo contro Donald Trump, anzi in California molti la criticavano perché aveva il carcere facile". 

 

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