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Yara Gambirasio e i dubbi su Massimo Bossetti. La serie tv Netflix divide l'Italia

Rita Cavallaro
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La serie Netflix "Il Caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio" getta ombre sulla condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti. E punta di nuovo i riflettori sugli aspetti controversi, tra cui l’operato del magistrato indagato per depistaggio Letizia Ruggeri, che dopo la sentenza spostò 54 campioni biologici nell’ufficio corpi di reato, sprovvisto di congelatori. È su questo punto che da anni il team difensivo del muratore di Mapello porta avanti la battaglia sulla strada della revisione, appigliandosi alla manomissione dei reperti e al fatto che gli inquirenti avrebbero creato artificialmente in laboratorio la prova genetica che ha incastrato Bossetti. Il muratore continua a proclamarsi innocente e a contestare il dna che lo collega al delitto di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata cadavere in un campo di Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011. Un caso di cronaca rimasto un mistero fino al 16 giugno 2014, quando Bossetti fu arrestato.

Il muratore è stato individuato grazie a un’indagine senza precedenti nel mondo dell’investigazione genetica. Sugli slip e sui leggings di Yara furono trovate tracce biologiche, dalla cui analisi fu isolato un dna sconosciuto, denominato "ignoto 1". Per risalire all’assassino, gli inquirenti prelevarono il dna a decine di migliaia di persone della zona, finché a luglio 2011 un tampone salivare effettuato a Damiano Guerinoni, un giovane frequentatore della discoteca vicina al campo di Chignolo d’Isola, portò sulla pista giusta. Il profilo genetico, infatti, risultava simile a quello estrapolato dal Ris sugli indumenti di Yara. Si arrivò così a Giuseppe Guerinoni, il cui corpo fu riesumato e si scoprì che era il padre di "ignoto 1". L’uomo, morto a Gorno nel 1999, era stato autista di una corriera nella Val Seriana. Fu prelevato il dna di eventuali amanti e dal profilo genetico di Ester Arzuffi fu accertato che la signora era la madre del killer. Con uno stratagemma, un finto posto di blocco per controlli stradali, il 15 giugno 2014 il figlio di Ester, Bossetti, venne fermato su un furgone e sottoposto ad alcoltest, grazie al quale si risalì al dna: era "ignoto 1".

Il giorno seguente il muratore venne arrestato e accusato di aver ammazzato Yara al culmine di un’aggressione sessuale, seppure l’autopsia non ha mai accertato lo stupro. Contro di lui, oltre alla prova regina, c’erano le immagini delle telecamere della palestra frequentata da Yara, che avevano ripreso il suo furgone passare ripetutamente davanti all’edificio nel pomeriggio della scomparsa, e le celle telefoniche che lo collocavano sul posto. In più Bossetti non aveva un alibi. Infine alcune fibre sintetiche dei sedili del suo furgone risultarono compatibili con quelle trovate sugli indumenti della tredicenne.

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