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Giacomo Bozzoli, fine della fuga. Tommaso Cerno: "Forse si poteva evitare..."
Era nascosto in un cassettone in camera da letto nella sua villa a Soiano del Lago, in provincia di Brescia, quando i carabinieri del comando provinciale lo hanno trovato. All'arresto, Giacomo Bozzoli, condannato per l'omicidio dello zio, Mario Bozzoli, nell'ottobre 2015, non ha opposto resistenza. Ha fatto rientro in Italia dopo undici giorni di latitanza e si è spostato utilizzando "auto prese a noleggio". Come può essere sfuggito ai controlli? "Dobbiamo farci qualche domanda su un Paese che tende a tenere in carcere non prima delle condanne ma prima dei processi per periodi molto lunghi e per dubbi molto labili un sacco di cittadini, che poi si rivelano innocenti": così ha risposto all'interrogativo il direttore de Il Tempo Tommaso Cerno, ospite dell'ultima edizione del Tg4.
Nel caso Bozzoli, ha detto Cerno, era evidente che "il condannato, che sapeva di essere condannato, avrebbe fatto di tutto per sottrarsi alla giustizia". La procura di Brescia ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di "procurata inosservanza della pena". "Faremo le dovute verifiche - ha spiegato il procuratore capo Francesco Prete - Abbiamo seguito il regolamento del ministero della Giustizia e, non appena è stata emessa la condanna a suo carico, nel più breve tempo possibile abbiamo emesso l'ordine di carcerazione e quando i carabinieri sono andati a casa sua, non c'era. Prima era un uomo libero, appena ricevuta la notizia della condanna, è partita la procedura".
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"Se noi fossimo un Paese che si occupa un po' di più dei colpevoli e un po' meno degli innocenti, faremmo il bene della giustizia", ha commentato Cerno. Giacomo Bozzoli "progettava nella sua mente una fuga impossibile...Di questi tempi, con queste tecnologie, con un mandato di cattura internazionale. A meno che tu non faccia parte della criminalità organizzata, che ha sistemi di elusione dei controlli di altissimo profilo, è molto difficile sfuggire all'arresto. Abbiamo mobilitato agenti di mezza Europa per qualcosa che forse potevamo evitare che accadesse", ha concluso il direttore de Il Tempo.