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Zona Bianca, cala il silenzio. Capezzone: l'amara verità sul delitto di Pescara

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L'omicidio di Thomas Christopher Luciani, 16enne ucciso con circa 25 coltellate, domenica nel Parco Baden Powell di Pescara, ha scosso il Paese. Un delitto folle, efferato, perpetrato da due giovanissimi per futili motivi, forse per un debito di 240 euro. Il giudice del Tribunale dei minori, Roberto Ferrari, ha disposto le misure cautelari di custodia in carcere in un istituto di pena minorile per i due 16enni indagati. "Devono ritenersi sussistenti le esigenze cautelari tenuto conto della gravità dell’omicidio che manifesta un’inclinazione oltremodo violenta degli indagati, di gran lunga eccedente il movente all’origine dell’aggressione, così da doversi ritenere che l’esazione del credito abbia solo attivato l’impulso criminale", ha scritto il gip. 

 

È poi agghiacciante la cronologia degli eventi. Poco prima dell'aggressione mortale i due avevano mangiato sushi, dopo il delitto sono andati al mare, dove poi si sono liberati dell'arma. Se ne parla nel corso della puntata di mercoledì 26 giugno di Zona Bianca, su Rete 4. La riflessione di Daniele Capezzone fa calare il silenzio in studio: "Ti devo confessare una cosa", dice al conduttore Giuseppe Brindisi, "questa sera penso di non essere l'unico a non essere sorpreso. Questa non è una vicenda isolata, è isolato l'omicidio, efferato, ma non è un caso isolato", argomenta il direttore editoriale di Libero

 

 

Questo caso racconta quello che siamo diventati. "Il contesto in cui si genera questa cosa non vale solo per i ragazzi vale anche per i genitori e per noi tutti - osserva Capezzone - Siamo tutti diventati padri, madri, zii e figli di WhatsApp, di Instagram di Tik Tok, ma non solo per quello che c'è dentro, per come ragioniamo. Passiamo la vita a 'scrollare' e con la stessa naturalezza con cui passiamo da un video all'altro, da una ca**ata all'altra" questi ragazzi hanno tolto brutalmente la vita a un altro giovane. Insomma, "qui il problema non è chi sono questi due. Ma chi siamo noi, chi sono ormai i ragazzi - è l'amara conclusione - parliamoci chiaramente, vivono su un cellulare del quale i loro genitori non sanno niente, con i genitori che non sanno niente della vita dei loro ragazzi e che non li controllano, che non li puniscono, che non parlano con loro". 

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