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Ultimo, il Re di Roma. Il cantautore di San Basilio si conferma un fenomeno

Valentina Bertoli
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In città non si parla d’altro: Roma ha il suo Ultimo Re. Lo sa il giornalaio, che la mattina mette in bella mostra le copertine smaltate che lo ritraggono. Lo canta il panettiere, che sforna le ciriole croccanti all’alba. Lo riconoscono i Vip, che fanno a gara per accaparrarsi i posti migliori. Il tempo, per tre serate consecutive, ha scandito la sua presenza a ritmo di pop e lo Stadio Olimpico, il «Pantheon» della musica capitolina d’estate, l’ha preso per mano. Niccolò Moriconi, questo il suo vero nome, è tornato a casa e ha firmato una tripletta memorabile di concerti completamente sold out. Il suo pubblico di fedelissimi ha dimostrato di esserci anche questa volta, polverizzando i biglietti degli show a poche ore dall’apertura delle vendite, incanalandosi nel traffico attraverso le più nascoste arterie stradali e sfidando il caldo record degli ultimi giorni. È partito da San Basilio, in quell’effervescente quartiere che conserva intatti i ricordi dei livori e degli stupori della borgata, e ha scalato le classifiche come si fa su un rettilineo: puntando in maniera famelica alla meta e girandosi a guardare indietro solamente dopo aver messo il piede sulla vetta.

 

 

 

Un fenomeno, un mito, un titano: così l’ha definito chi ha tenuto conto delle 195mila persone che, sabato 22, domenica 23 e lunedì 24 giugno si sono assiepate fuori dai cancelli d’ingresso con la speranza di stare a pochi passi da lui. Ma il successo sfugge alla granitica logica dei numeri e l’artista 28enne, che custodisce i cristallini tratti del bravo ragazzo, lo sa bene. L’Olimpico, infatti, non è stato solamente il teatro di spettacoli colossali, ma anche il luogo in cui Ultimo ha voluto consacrare il suo amore per Jacqueline Luna Di Giacomo e per il piccolo E. in arrivo. Dopo aver raggiunto il centro del main stage, con 900mq di ledwall a dominare le retrovie e un massiccio impianto di luci a incorniciarli, il cantante si è inginocchiato e ha baciato il pancino appena pronunciato della compagna per far sapere al mondo che presto sarà papà. Nessuna affettazione del gesto, solo la tenerezza di comunicare alla sua «famiglia» la lieta notizia. E quel modo irrazionale in cui giocano gli amanti è piaciuto al pubblico, che li ha scaldati con un abbraccio e ha condiviso sui social la scena toccante.

 

 

Una notte che lui stesso ha raccontato essere stata insonne: «Mi giro e mi rigiro nel letto senza riuscire ad addormentarmi. Mi dico Niccolò basta chiudi gli occhi, ma il cuore è veloce e la mente vola. “Il silenzio adesso sa parlare”, mi viene in mente. Un silenzio assordante, dopo 3 notti di fila nello stadio della mia città», ha scritto su Instagram mentre sorseggiava una camomilla e stentava a prendere sonno per la troppa adrenalina in corpo. Poi le fantasie sul figlio: «Chissà se avrà un pianoforte come dolce amico anche lui. Spengo la luce, non mi reggo in piedi, il letto è diventato mare, buonanotte Niccolò, buonanotte Roma mia». Emozione tangibile, alla quale ha assistito anche chi della storia della Capitale ha scritto un capitolo indimenticabile. Francesco Totti, leggenda della AS Roma e icona della romanità, ha incontrato l’artista nei camerini (anche spogliatoi della Magica) e ha immortalato il momento con un selfie. Il 28 maggio 2017 il Dieci si ritirava tra le lacrime dei tifosi e dava il suo addio al calcio.

 

 

«Il padrone di casa ha detto che è tutto a posto, possiamo cominciare», ha digitato il cantante a corredo della foto con l’ex capitano giallorosso. La corsa è inarrestabile. «Finché ci sarete voi con me io da qui non mi muovo», ha scandito Ultimo per annunciare a sorpresa il nuovo tour del 2025. 100mila sono stati i ticket venduti a mezz’ora dall’annuncio. E a distanza di 24 ore sono arrivati due raddoppi: seconda data a Milano il 7 luglio e seconda data a Roma l’11 luglio. Il pensiero vola a quel giovane, forse un po’ inconsapevole dell’avvenire, che covava sogni tridimensionali e che, nello stesso anno in cui Totti salutava la sua curva, affidava alle note il suo destino. «Ho sempre scritto forse per sentirmi meno solo. In quelle sere dove il cielo ti prende per mano. E tu aspettami lì in alto sulla grande ruota. Dove il mondo è solo un punto da lasciarsi dietro. Prendimi per mano e disegniamo mille passi. È la fantasia che trasforma in pianeti i sassi», intonava in «Pianeti», il brano simbolo di una scrittura di pancia che ha cantato, canta e canterà ancora la vita così com’è: effimera e preziosa.

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