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Satnam Singh, Mentana polemizza sulla morte e cita Monfalcone. La replica di Cisint

Christian Campigli
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Una tragedia. Perché quando un uomo muore in quel modo non esistono altre parole. Un evento che impone un momento di riflessione. Ma che non può, in alcun modo, stravolgere la realtà di un fenomeno complesso come l'immigrazione. Ieri sera Enrico Mentana ha commentato il caso di Satnam Singh, il bracciante 31enne di origini indiane morto mercoledì 19 giugno, dopo che, due giorni prima, un macchinario avvolgi plastica gli aveva tranciato di netto un braccio. E lo ha fatto citando un territorio friulano da anni al centro di accese polemiche. “Ci sono città del nord est, Monfalcone, in cui c'è un abitante del Bangladesh, un immigrato del Bangladesh ogni quattro italiani. E chi li ha chiamati? E a cosa servono? E poi ci lamentiamo se sono tanti, o se tutti messi insieme in una baraccopoli, svolgono i loro riti religiosi o di altro tipo? Cosa dovrebbero fare? Stare zitti e muti? E li abbiamo chiamati per fare che cosa? I lavori che volevamo fare noi o quelli che noi non vogliamo più fare?”. 

 

 

Pronta la replica del neo parlamentare europeo della Lega, Anna Cisint, per sette anni sindaco di Monfalcone. “È vero che all’inizio degli anni Duemila è stato fatto il grave errore di un arrivo massiccio e indiscriminato nei nostri cantieri navali di lavoratori stranieri, in prevalenza del Bangladesh, che ha modificato il modello produttivo alimentando, attraverso un sistema di appalti e subappalti, il dumping salariale e contrattuale. L’immigrazione è stata impiegata nel nostro Paese in molti settori come un’operazione che ha annullato i diritti dei lavoratori e messo in difficoltà le piccole e medie imprese danneggiate dalle forme di concorrenza sleale. Un fenomeno che continua ancor oggi in un contesto in cui le regole europee penalizzano la competitività delle nostre piccole imprese, svantaggiate anche nelle forniture e nell’indotto dalle aziende maggiori”. 

 

 

L'esponente del Carroccio ha puntato poi il dito sul vero nocciolo della questione, spesso dimenticato dalla sinistra. “Si è aperta un’enorme questione di legalità e sicurezza, ma anche di tutela della nostra identità rispetto a un evidente processo di islamizzazione con la volontà di imporre i principi dell’Islam contrari ai nostri valori e alle basilari forme di dignità e di rispetto sociale. Se da un lato, dunque, è necessario contrastare il modello produttivo e qualificare il lavoro, dall’altro è indispensabile portare avanti la battaglia per difendere la nostra identità culturale e sociale, la nostra identità e, in sostanza, la nostra libertà e democrazia”.

 

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