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Ue, l’analisi di Cacciari: “Se la destra vuole governare in Europa deve fare come Meloni”

Edoardo Sirignano

«La destra se vuole andare al governo dell’Europa deve fare come Meloni». A dirlo il filosofo Massimo Cacciari.

Questa Commissione, se terrà insieme solo socialisti e liberali, non terrà conto del forte segnale di cambiamento arrivato dalle urne?
«Se si conferma la maggioranza precedente, ovvero ci saranno solo centro, popolari, socialdemocratici e liberali, sarà una soluzione molto debole. Sono convinto, comunque, che verranno, se non subito, nel corso del tempo, in soccorso altre forze della cosiddetta destra. Sicuramente l’asse si sposterà in quella direzione».

Ci sarà, dunque, spazio in Europa per Giorgia Meloni?
«Bisognerà vedere se ha voglia di incassare subito. Cambiando radicalmente la governance, andrebbe a sbattere. La Meloni, che nella destra europea è quella che ragiona di più, oggi proverà ad avere il massimo nella composizione della Commissione, senza porre un problema radicale di cambiamento».

 

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La premier italiana, intanto, è la leader europea che esce meglio da queste elezioni.
«Ripeto, è quella che si è mossa in modo più intelligente tra le destre. Ha fatto capire, in modo chiaro, di aver superato ogni nostalgia sovranista, nazionalista, nonché di una destra radicale, accreditandosi presso tutti coloro che contano sulla faccia della terra, potenze economiche, finanziarie e Stati Uniti».

Cosa consiglierebbe, dunque, a Le Pen?
«Deve diventare simile alla Meloni se vuole puntare alla presidenza della Repubblica in Francia. Altrimenti farà un governo che durerà un anno e poi perderà le presidenziali. A vincere è quella destra che non ha nulla a che fare con fascismi o nazionalismi modello Orban. Vince la destra che non ha nulla a che vedere con quella con cui se la prendono i cantori di Bella Ciao».

Secondo alcuni all’estremo starebbe puntando, al contrario, Matteo Salvini. È davvero così?
«Salvini per fare concorrenza a Meloni crede di poter recuperare frammenti, residui o meglio ancora rovine di una vecchia destra. Pace all’anima sua. Prima o poi andrà in conflitto con i suoi stessi colleghi e soprattutto coni suoi governatori. Continuando su questa linea, si rischia di perdere tutte le Regioni del Nord».

 

 

Come è andata, invece, la campagna elettorale del Partito Democratico?
«Non male. Mettendo in soffitta i Renzi, i Calenda e i Letta si è presentato come un partito, che almeno a livello di slogan, può recuperare i voti di una tradizionale base sociale. Tutto qua. Dopodiché mancano un gruppo dirigente, un’organizzazione e una strategia. È già, comunque, un qualcosa rispetto alle c...e, che si fanno da venti anni a questa parte. La signorina Elly qualcosa lo ha capito».

Tale boom è dovuto al tonfo del populismo pentastellato?
«Il populismo con i 5 Stelle non c’entra più nulla. Da quando c’è Conte, hanno cercato di collocarsi all’interno di un’area di sinistra. Stiamo parlando solo di un metodo diverso per sopravvivere. Per il resto sono assenti radicamento territoriale, una visione e quei fondamentali per un’opposizione vincente. Detto ciò, Schlein e Meloni hanno capito che per sopravvivere devono cercare un’intesa».

Possiamo parlare, dunque, di una partita sempre più rosa?
«Come avete scritto sul Tempo, è una fortuna che ci sono le donne. I maschietti per trenta anni hanno combinato solo disastri. Proviamo a voltare pagina».