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Il sogno di Fabio Rovazzi: "Nel mio futuro la regia al cinema"

Carmen Guadalaxara
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«Il 2046, è l’anno in cui, secondo la Nasa, un asteroide colpirà laterra. La presunta data della fine è diventata il punto d’inizio di un viaggio spaziale in cui ci si interroga sulle sfide e le opportunità che il futuro ci riserva – racconta Fabio Rovazzi – che, questa mattina, debutta con il podcast 2046, su tutte le piattaforme digitali, insieme a Marco Mazzoli, il celebre conduttore radiofonico e ideatore del celebre Zoo di 105». Protagonisti a bordo di una navicella spaziale, in una serie di tredici episodi, con uscita a cadenza settimanale, in cui i protagonisti si immergono nelle menti di innovatori, leader d'opinione, artisti e molti altri, offrendo agli ascoltatori l’opportunità unica di scoprire le loro storie personali, le loro sfide e le loro visioni per il futuro. «In questo podcast – continua – non abbiamo esperti, altrimenti nessuno lo avrebbe guardato. Mettiamo a confronto due personaggi completamente diversi tra loro, vedremo cosà ne uscirà». Ma non è tutto l’artista ha pubblicato un nuovo singolo «Maranza», con il duo il Pagante e ieri ha debuttato come giudice, su Canale 5 a «Io Canto Family». Per lanciare il brano Rovazzi, pseudonimo di Fabio Piccolrovazzi, ha pensato un’idea divertente di marketing, fingendo il furto, a Milano, del suo telefono, senza preventivare che questo potesse creare un ampio cortocircuito mediatico. E sugli attacchi del sindaco di Milano Beppe Sala ha precisato: «Sono dispiaciuto e anche un po' sorpreso visto che pochi mesi fa Sala si è prestato a fare da comparsa nel video dei Club Dogo, dove Milano viene rappresentata come Gotham City, la città criminale per eccellenza, ma nessun assessore ha minacciato di querelarlo».

 

 



Rovazzi, ma chi è il maranza?
«È il tipico milanese: lenti a specchio dai colori cangianti, borsello a tracolla sul petto, orologi e collane di valore, tuta acetata e sneakers griffate con rigoroso calzino a contrasto. La parola maranza esiste da sempre e viene attribuita ai classici ragazzi di strada che vanno in giro in comitive numerose, provengono dalle periferie cittadine e si atteggiano a bulli. Negli anni 80 c’erano i paninari.
Oggi ci sono loro e li racconto senza polemiche».

L’abbiamo visto anche in giuria a Io Canto Family. Si è molto emozionato?
«Si tanto. Non me l’aspettavo. È un viaggio che mi conquistato il cuore grazie al potere unificante della musica e i legami familiari».

Content creator, eclettico comunicatore, cantante, autore, è salito pure sul palco di Saremo. Ci tornerebbe da conduttore?
«Accetterei la proposta. È un’opportunità, unica nella vita anche se ammetto che non sarei capace di selezionare i cantanti come ha fatto Amadeus. Io vorrei un altro ruolo. Uno spazio per creare delle gag internazionali con degli intermezzi scritti bene».

Un sogno da realizzare?
«Un’opera scritta e diretta da me. Un po' 007, un po’ di azione, un po' thriller, un po' comico. Vorrei mettermi come al solito al centro della situazione: io che non faccio niente, con tutte le cose che mi succedono intorno. Ci sto già lavorando. Speriamo venga bene».

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