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Vittorio Feltri, Roccella e la censura dei "moralmente corrotti", i veri fascisti

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Dove sta davvero la censura? Nel monologo saltato di Antonio Scurati in Rai o nella contestazione che di fatto ha impedito alla ministra Eugenia Roccella di parlare della materia per cui è responsabile, ossia di famiglia e natalità? A ragionare su questi temi, rispondendo a un lettore, è Vittorio Feltri nella sua Stanza sul Giornale. Accusare di censura la Rai e di rimando il governo "è una maniera della sinistra per avvalorare una infondata accusa di fascismo nei riguardi del centro-destra, ossia di una maggioranza solida e compatta a cui gli italiani seguitano a confermare la propria fiducia", spiega il direttore editoriale. Insomma, coloro che governano "non si sono imposti con la forza, non hanno truccato le elezioni, non hanno fatto ricorso a metodi violenti per costringere gli italiani a votarli, non hanno ucciso gli avversari politici per fare fuori i concorrenti, quindi dobbiamo chiederci non dove stia la verità ma dove diavolo stia il fascismo".

 

Non solo. Quelli che urlano al fascismo sono spesso soliti "silenziare chiunque non sia portatore del loro medesimo pensiero", fatto è una "gravissima forma di violenza". Come quella avvenuta agli Stati Generali della Natalità di Roma, dove "la ministra della Famiglia Eugenia Roccella è stata contestata con fischi e urla e insulti da parte delle cosiddette transfemministe al punto che ella non ha potuto fiatare e ha dovuto abbandonare la sala", ricorda il direttore. Insomma, è chiaro: "soffocare la parola, ovvero censurare, è fascismo", ragiona Feltri. E la censura è un'abititudine "dei predicatori politicamente corretti e moralmente corrotti", i veri fascisti. 

 

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