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Giuliano Amato, le rivelazioni nell'incontro riservatissimo: "Ho lavorato bene con Putin"

Gianfranco Ferroni
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L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato scandisce bene le parole: «Io ho lavorato bene con Putin, e ho ragionato bene con lui». L’uditorio è particolare: siamo all’interno di una dotta riunione organizzata dall’Accademia Nazionale dei Lincei per il volume che il «dottor Sottile» ha dedicato a Cavour, e non poteva mancare un riferimento ai nostri giorni. Il contesto non è certo quello delle piazzate televisive di Giovanni Floris su La7, non esiste il cartello 195 che cerca di dimostrare l’esistenza del nulla, corroborato da un sondaggio tra uno spot e l’altro: qui si ragiona. Un socio mi aveva avvisato, consigliandomi caldamente di passare nel pomeriggio nel palazzo dell’istituzione culturale di via della Lungara: un incontro per pochi, coltissimi, intimi. È la «classe di scienze morali, storiche e filologiche». Qualche nome dei presenti? Il numero uno dell’Accademia, Roberto Antonelli, e poi Michele Ciliberto e Mariuccia Salvati. E qui le poltrone non sono di cartone pressato.

Amato è stato prodigo di riflessioni: spinto da un accademico a discettare sul tema della «politica sottomessa al moralismo», che detto in una strada come via della Lungara, a pochi passi dal carcere di Regina Coeli, suona come un invito al rispetto rigoroso della divisione dei poteri, l’ex premier ha risposto citando una storica frase, ovvero che «l’etica della politica non è la stessa delle parrocchie, diceva Niccolò». Con Macchiavelli sempre a portata di mano, sottolineando che «se la politica si avvale dimezzi non leciti è una politica che si delegittima e rischia di non realizzare i propri fini».

E Amato non si limita mai a tracciare le linee generali, perché alla fine si mette a parlare in prima persona: «Io misuro in termini di etica la finalità perseguita, la visione di futuro che uno ha, i diritti umani, la libertà». Chiarissimo. Il passo per arrivare alla Russia nasce dalla politica internazionale di Cavour legata alle vicende della Crimea: si parte dall’Inghilterra, «dove sono bravissimi a fare le riforme», quindi si critica severamente Emmanuel Macron, «il giovane presidente», e si arriva a Vladimir Putin.

Il ragionamento di Amato è limpido: «Non è pensabile che la Russia torni indietro alla linea del Donbass. Bisogna evitare che arrivi a Kiev». E con chi si deve trovare un accordo? Con Vladimir Putin. Rapidamente. Tutto nasce dalla conoscenza diretta delle persone e delle istituzioni, perché, spiega Amato, parlando di Putin, «non ho la più pallida idea di chi di diverso da lui possa governare la Russia». Senza nascondere «c’è una difficoltà oggettiva a costruire quello che sarà necessario». Ma il passo va fatto. Qualcuno dei presenti, alla fine dell’incontro, ha detto di vedere in Amato il «profilo perfetto per lanciare un’offensiva di pace tra la Russia e l’Ucraina».

Classe 1938, ha dimostrato ancora una volta di volere scommettere sul futuro, ricordando fatti e circostanze di ogni tipo. Certo, tra le considerazioni più curiose che ha citato, parlando degli argomenti più vari, c’è quella sulla Corte Costituzionale, dove ha ricoperto la carica di presidente, con l’emozione di lavorare «nel Palazzo della Consulta che ha ospitato il triumvirato della Repubblica Romana», quella di Mazzini, Saffi e Armellini. Detto dall’uomo che è riuscito a realizzare il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica nel 1984, firmato da Bettino Craxi in qualità di presidente del Consiglio e dal cardinale Agostino Casaroli come Segretario di Stato vaticano, non appare certo un dettaglio.

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