Otto e mezzo
Otto e mezzo, lo sdegno di Augias contro Netanyahu: “Nevrosi collettiva forte e paranoia”
Scalpore e sdegno. Sono stati questi i sentimenti di tutti i sostenitori della democrazia una volta appresa la notizia della decisione all’unanimità voluta dal governo di Benjamin Netanyahu di ordinare la cessazione di tutte le attività in Israele dell’emittente televisiva più celebre del Medio Oriente Al Jazeera. Secondo il parere di uno dei massimi amanti dei sistemi democratici, Corrado Augias, il primo ministro israeliano e il suo esecutivo sono stati, dal 7 ottobre scorso in poi, colpiti “da un senso di insicurezza” che li ha condotti a “certe decisioni assurde, come quella di demolire Al Jazeera”. Scelta che - commenta con una punta d’amaro in bocca l’ospite della trasmissione Otto e Mezzo, in onda su La7 e condotta da Lilli Gruber – “uno stato democratico quale Israele è stato a lungo non avrebbe mai dovuto prendere e non aveva mai preso”. Tutto ciò porta a credere, sostiene il conduttore del programma La Torre di Babele, che Israele viva uno “stato di nevrosi collettiva forte”.
Però tale condizione è scaturita da un evento traumatico, l’ennesimo nella storia del popolo israeliano: il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023. Quella rappresenta l’origine di tutta l’escalation successiva, che rimane comunque ingiustificabile: “Quella data – ammette Augias – ha demolito l’ultima illusione, lo sfondamento dei confini, e l’invasione nel territorio. Non si può capire l’atteggiamento di Israele e la determinazione feroce della risposta se non ci si rende conto di quale senso di insicurezza, di colpo, si è abbattuto su un intero popolo. Hanno creduto che quello non fosse più il loro focolare sicuro nel quale potessero vivere tranquillamente dopo secoli di persecuzione. Si tratta di una cosa psicologica”.
Al Jazeera non sarà quindi più visibile in Israele, e nemmeno i suoi siti saranno raggiungibili. La legge prevede, peraltro, la chiusura degli uffici israeliani dell’emittente, nonché la confisca di tutte le attrezzature a eccezione di telefoni e computer. Una misura senza precedenti se si vuole ancora includere Israele nel rango dei paesi democratici. Per fortuna però, come racconta anche Augias, “all’interno del territorio esiste ancora una forte opinione pubblica e una stampa resistente che lotta contro questo governo ormai in preda alla paranoia”. A proposito dei sentimenti citati all’inizio, sarà forse quello della rabbia a guidare le mosse di Netanyahu&Co? Per un Paese che nutre un bisogno estremo di lucidità, le decisioni del Premier israeliano non sembrano ragionare in quella direzione.