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Giambruno e il giallo dell'auto, Mantovano: i Servizi non c'entrano

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La sicurezza di Giorgia Meloni non è "mai stata posta a rischio" ed è "escluso" il coinvolgimento di personale dei servizi segreti italiani. A porre la parola fine al giallo sul un tentativo da parte di due persone di aprire l'auto di Andrea Giambruno, ex compagno della premier, è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. "Dell’episodio accaduto sotto l’abitazione del Presidente del Consiglio nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre, mentre il Presidente Meloni era impegnato in una missione all’estero, ho puntualmente riferito - quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica - nella mia ultima audizione al Copasir il 4 aprile scorso. Non ho difficoltà a ribadire quanto già chiarito nella sede parlamentare propria, e cioè che gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento nell’episodio di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del Presidente Meloni non è mai stata posta a rischio", spiega in una nota l'esponente del governo che ha la delega ai servizi segreti.

 

L’episodio al quale si riferisce Mantovano, è stato riportato dal quotidiano Domani. Nell’articolo di domenica 28 aprile si legge che in quella notte fra il 30 novembre e il primo dicembre 2023, ovvero oltre un mese dopo che Meloni aveva annunciato la fine della sua relazione con Andrea Giambruno, fuori dalla villa appena acquistata dalla premier, in zona Roma Sud, c’è l’auto di Giambruno. E a poca distanza, come prevede il protocollo di sicurezza, c’è una volante della polizia che sorveglia. Gli agenti in servizio notano due persone che armeggiano attorno alla macchina di Giambruno. I poliziotti, sempre secondo quanto ricostruito dal quotidiano, si avvicinano e chiedono le generalità ai due uomini, che però avrebbero mostrato un distintivo qualificandosi come ’colleghi', per poi dileguarsi. In seguito, sempre secondo Domani, sarebbe stato redatto un rapporto che ricostruiva l’accaduto, consegnato subito alla Digos. Sarebbe anche stato informato direttamente il capo della polizia Pisani, il ministro dell’Interno Piantedosi, Mantovano, l’allora capo dell’Aisi Parente e il suo braccio destro Del Deo, e anche la premier. In un primo momento vengono identificati come possibili sospetti due agenti segreti dell’Aisi,  parte della scorta di Meloni. Ma dopo successive verifiche il loro coinvolgimento è stato escluso. Si tratterebbe, più banalmente, di ricettatori già noti alle forze dell’ordine.

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