venti di guerra

Guerra, il monito di Tricarico: “Le nostre armi inadeguate. L’Europa pensi a produrle in proprio”

Leonardo Tricarico

Il «force offering» a Zelensky, ossia la risposta europea alle pressanti - e questa volta tutt’altro che ingiustificate - richieste di sistemi d’arma sembrerebbe piuttosto deludente, quasi la risposta ipocrita di paesi prodighi a parole ma spilorci nei fatti. Non è così, non lo è certamente per l’Italia, e verosimilmente le stesse considerazioni valgono per gli altri paesi membri. Ognuno di noi ha strumenti militari che da decenni si sono andati progressivamente adeguando a scenari che non contemplavano, se non come ipotesi remota se non proprio utopica, una confrontazione di carattere tradizionale, più o meno come quella russo-ucraina. Le scorte nei depositi pertanto, già al limite dello standard in condizioni ordinarie, risultano oggi tragicamente inadeguate nel caso di un nostro coinvolgimento attivo in operazioni belliche convenzionali. In particolare, la coperta è particolarmente corta nella capacità di proteggere il territorio da attacchi aerei nelle sue diverse declinazioni, fino a quella più insidiosa dei missili ipersonici. La dotazione di sistemi efficaci è alquanto contenuta, dimensionata alla necessità di proteggere pochi obiettivi di valore, come ad esempio i grandi eventi, o al seguito delle missioni all’estero quando si preveda di trovarsi ad operare in ambienti poco permissivi, ostili insomma. Ed è pensabile che anche i nostri alleati si trovino più o meno nelle stesse condizioni.

 

 

Come aiutare allora l’Ucraina a difendersi dagli insistenti, indiscriminati ed incessanti attacchi russi? E come al contempo ripianare i deficit di casa nostra? Intanto avviando un processo di consultazione vera sull’argomento, un confronto volto appunto a risolvere le urgenze e a disegnare l’architettura di un nuovo sistema europeo che tenga conto dei nuovi scenari e di quelli prevedibili. Se non ora quando, verrebbe da dire. Tutto sommato, se vogliamo davvero un giorno crearla questa Difesa comune, perché non cominciare proprio da qui, aiutando l’Ucraina con l’occhio rivolto in prospettiva anche alla protezione dei nostri territori? Insomma gli Stati Maggiori dovrebbero elaborare una visione complessiva da mettere a disposizione del Consiglio, una visione fondata su alcuni assunti fondamentali, non sempre praticati in passato, e che ora potrebbero finalmente trovare una loro compiutezza. Primo tra tutti, quello di stabilire una interlocuzione virtuosa tra industria e mondo militare talchè ciò che l’industria produce sia esattamente ciò di cui i militari hanno bisogno. Inoltre andrebbe fissato il concetto del «buy european». La Germania ha appena ordinato agli israeliani il sistema di difesa Arrow 3, la Finlandia ha fatto lo stesso, siglando un contratto con Tel Aviv per il sistema «David’s Sling». Sistemi certamente rispondenti alle esigenze operative nel settore, come l’attacco del 13 aprile da parte dell’Iran ha ampiamente certificato. Anche per questo l’industria europea dovrebbe rimboccarsi le maniche ed entrare in una sorta di economia di guerra sia sotto il profilo della produzione, anche per dotare l’Ucraina di ciò di cui ha bisogno, sia sotto il profilo dello sviluppo tecnologico per mettere a punto strumenti aggiornati e tecnologicamente avanzati.

 

 

Da ultimo, ma è certamente la cosa più urgente, è necessario che i fondi europei comuni per la Difesa (EDF - European Defence Fund) siano riorientati dalla loro allocazione originaria per la ricerca e lo sviluppo, alla produzione sollecita e massiva di ciò di cui l’Ucraina ha bisogno. Già in passato qualcosa di simile è stato fatto per i proiettili di artiglieria, a maggior ragione la procedura va aggiornata ed utilizzata a piene mani ora, in un momento in cui la sorte sembra girare le spalle a Zelensky.

Leonardo Tricarico, generale ed ex Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica