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Pd, mazzata di Pasquino a Schlein: “È frettolosa. Il partito non sa scegliere i dirigenti”

Edoardo Sirignano
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«Il Pd non è più in grado di selezionare la classe dirigente. Liste per le europee? Schlein non può pensare di decidere tutto e subito». A dirlo Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna.

Prima il caso Bari e ora quello Torino. Cosa sta succedendo tra le file dei democratici?
«Si accetta chi porta con sé una dote, che non si è in grado di valutare, lasciando spazio, a chi nei fatti, sfrutta una forza che è al governo, sapendo che qualcosa, prima o poi, riuscirà a ottenere. Si è persa la capacità di controllare la dinamica interna al Partito Democratico».

Occorre, dunque, selezionare meglio la classe dirigente?
«Assolutamente! Bisogna fare in modo che ci sia un poco di gavetta, che questi signori imparino che stare in un partito significa assumere delle responsabilità. In un partito si vince o si perde tutti insieme e non si cerca disperatamente di fare carriera, con un po' di soldi di più, con qualche amicizia non controllata bene e con qualche favore rivolto all’esterno».

 



L’ex ministro Turco, in un’intervista al Tempo, ha parlato di abbandono della «questione morale». È d’accordo?
«È una frase talmente vaga, che non si può non essere d’accordo. Non è questa, comunque, la spiegazione al problema, che invece è strutturale. Il Pd, oggi, è troppo permeabile. Non c’è più un controllo da parte dei dirigenti. Questi ultimi traggono, talvolta, vantaggio da alcuni rapporti personali fuori dal partito e quindi si lasciano condizionare».

Cosa ne pensa della scelta, invece, di Giuseppe Conte di rompere, all’indomani delle primarie, il fronte del centrosinistra a Bari?
«È chiaro che ci sono elementi che non funzionano all’interno del Partito Democratico, ma allo stesso modo, Conte, deve essere consapevole che senza il Pd, a Bari, come in altre parti del Paese, non va da nessuna parte. Se non ci sta vuol dire che consegna automaticamente la città al centrodestra».
 

 

 

In questo modo non viene indebolita pure quella speranza per la sinistra, che sembrava intravedersi dalle ultime regionali in Sardegna...
«Bisogna costruirle luogo per luogo questo tipo di alleanze e di coalizione, stando un po' insieme, conoscendosi, acquisendo un po' di fiducia, garantendo responsabilità. Troppo, spesso, invece, vedo che sono delle cose episodiche. Bisogna costruire innanzitutto un retroterra, decidendo cosa si vuole, non solo ritrovarsi per vincere un’elezione».

Pomo della discordia tra le opposizioni, intanto, è il giustizialismo, considerando da qualcuno eccessivo, dei 5 Stelle...
«Il discorso è troppo complesso. Ritengo che, in linea di massima, bisogna essere molto esigenti nei confronti della classe dirigente. Quando c’è un minimo elemento inquietante bisogna chiedere che il politico faccia un passo indietro o di lato. È questo forse giustizialismo?».

 


 

Considerando quanto accaduto negli ultimi casi di cronaca, però, non sarebbe opportuno che venga tenuto conto del tempo necessario affinché si faccia piena luce su determinate vicende...
«In alcuni casi basta quello che sappiamo per decidere che sono cose che non dovevano essere fatte. Se qualcuno pagava 50 euro a voto è chiaro che non abbiamo bisogno di aspettare il responso della giustizia. Così si manipolano le elezioni, non c’è dubbio».

Un’ultima questione che fa discutere il Nazareno è quella delle cosiddette new-entry, volute dalla nuova segretaria. Fa bene la vecchia nomenclatura ad avere qualche dubbio o meglio a contestare la linea degli eccessivi cambiamenti?
«I nomi nuovi, devo essere sincero, al momento non mi sono tanto chiari. La vecchia nomenclatura, poi, è chiaro che si difenda. Lo fa in qualsiasi partito. Il rinnovamento, a mio parere, dovrebbe avvenire lentamente, dicendo chi può andare davvero fuori, in pensione e chi può invece entrare. Non può essere un rapporto personale tra la segretaria ed alcune persone. Schlein non può pensare di decidere tutto e subito, soprattutto se si tratta di scegliere quelli che sono i suoi compagni di strada».

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