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Soumahoro, a processo i familiari del "paladino" dei migranti: cosa rischiano

Angela Barbieri
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 I familiari di Aboubakar Soumahoro finiscono a processo. Secondo l’ipotesi accusatoria della procura di Latina, la moglie, la suocera e i cognati del deputato eletto con Verdi e Sinistra poi emigrato al gruppo Mi sto, avrebbero utilizzato i fondi pubblici, stanziati per l’assistenza ai migranti, per scopi personali, per l’acquisto di borse e accessori griffati e di beni immobili all’estero.

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giulia Paolini, ha accolto le richieste del sostituto procuratore, Giuseppe Miliano, e ha rinviato a giudizio Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, la suocera Marie Therese Mukamitsindo, Michel Rukundo e Aline Mutesi, mentre la posizione dell’altro cognato, Richard Mutangana, dichiarato irreperibile in Etiopia, è stata stralciata dal processo che inizierà l’11 giugno prossimo. L’inchiesta partì dopo la denuncia di alcuni lavoratori della cooperativa Karibu relativa al mancato pagamento degli stipendi e altre gravi irregolarità nella gestione dei dipendenti e dell’impiego del denaro pubblico che doveva essere destinato alla gestione dell’accoglienza. Parallelamente alle indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, il sindacato Uiltucs di Latina, tramite il segretario Gianfranco Cartisano, aprì una vertenza sindacale contro la cooperativa madre, facendo emergere lo scandalo. La Uiltucs è stata amessa come parte civile al processo. Il sindacalista Roberto Cartisano, che ha messo a disposizione dei lavoratori rimasti senza stipendio l’avvocato Giulio Mastrobattista e Atena Agresti, ha spiegato che Rukund o, nonostante fosse indagato, provò a insinuarsi tra i creditori della Karibu, vantando un credito superiore a 100 mila euro.

 

Come dimenticare lo sfogo in lacrime di Soumahoro quando scoppiò lo scandalo. «Non sapevo nulla, ma non mi perdono la mia leggerenza», dichiarò. L’inchiesta non è finita. Sono in corso altri accertamenti per verificare eventuali responsabilità nell’erogazione dei fondi. Il difensore della moglie di Soumahoro, Lorenzo Borrè, spiega: «All’udienza di oggi ho evidenziato l’inesistenza giuridica delle "delibere" di nomina della mia assistita, il che esclude lo status di consigliere d’amministrazione. Questioni che ormai dovranno essere esaminate in dibattimento unitamente a quelle di merito, confidando che in quella sede vi sarà più agio di dimostrare l’innocenza della mia assistita».

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