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Sottovoce, Tommaso Cerno: il giornalismo e la carta al Tempo dei social

Luca De Lellis
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“Reinventare la realtà con il pensiero, forse, può migliorare il mondo”. La sua paura? “Il buio, cioè anche l’assenza di informazioni”. In questi due frame il nuovo direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno, stava parlando di altro. Ma senza volerlo spiegava in poche ma significative parole l’essenza del giornalismo. Una vocazione da sempre, sin da quando da bambino aveva due sogni nel cassetto apparentemente impertinenti. Uno era diventare prete, l’altro era fare l’astronauta: il primo “racconta” e l’altro “scopre nuovi mondi”. Da questo cocktail non poteva che emergerne la professione che coniuga alla perfezione entrambe le attività: il giornalista. Una passione sorta in età prematura, quando “fondavo e disfacevo i giornalini della mia scuola superiore”, ammette Cerno riavvolgendo il nastro dei suoi primi (quasi) 50 anni di vita, nell’intervista concessa allo storico programma di Rai1 condotto da Gigi Marzullo, “Sottovoce”. 

 

 

Il viaggio nell’universo del giornalista è cominciato quando era ancora minorenne. Un bel giorno arriva l’occasione di entrare in una palestra importante come la redazione di Udine de Il Gazzettino, e la passione si tramuta in lavoro, accanto al suo maestro, “il caporedattore dell’epoca e ancora un mio grande amico Alberto Terasso”. Ma cosa vuol dire fare il giornalista? “E’ un mestiere che si fa per passione, perché ti toglie tanto tempo, ti complica le cose”, ma soprattutto ti stringe la mente in mezzo a tanti “fatti, delitti, guerre, politica e scontri”. Insomma, per Cerno è indispensabile avere quel fuoco dentro. Però giornalismo significa anche consapevolezza, è una continua spinta alla riflessione. “Mi ha fatto diventare una persona, e mi ha portato a credere in ciò che penso”, piuttosto che seguire le tendenze mainstream del momento. Il direttore si rifiuta di collocare i propri pensieri nelle categorie con le quali viene raccontata la realtà odierna: “Non sono né progressista, né conservatore, né di destra, né di sinistra, né radicale, né liberale”. D’altronde solo una mente libera da etichette e pregiudizi può volare ovunque. Per fare il direttore però è necessario anche uno spiccato senso di responsabilità: è tutt’altro impegno, oneri e onori. 

 

 

Nonostante la giovane età, l’esperienza è già parte del bagaglio. A 38 anni già direttore de Il Messaggero Veneto, poi del settimanale L’Espresso, ma quella paura di non informare non si è assopita: “Ho cominciato a 38 anni nel ruolo di direttore, però l’ho fatto tante volte ogni giorno e mi sembra ancora di non aver cominciato”. Direttori si nasce? “Nella pratica ci si diventa, ma quando ti senti addosso la responsabilità di raccontare agli altri ciò che tu pensi stia avvenendo, cambi. Ogni mattina la pagina torna bianca e ci facciamo sempre le stesse domande: quando smettiamo di farcele forse dobbiamo cambiare lavoro”. Per assumere le redini di un giornale, nell’era di Internet e dei social, serve anche un’idea ben chiara in mente di quali strategie di comunicazione introdurre, e di quali cambiamenti apportare. Senza stravolgere le origini perché anche per un giornale, come accade in una squadra di calcio quando cambia allenatore, bisogna scovare a fondo nella sua storia per far emergere la sua identità. E magari rinnovarla al meglio. È questo il timbro che vuole imprimere il neodirettore: “Il Tempo è il quotidiano storico di una città, qual è Roma, che ha bisogno di tornare a far sentire la propria voce nel nostro Paese dopo anni nella quale è stata bistrattata. Questo è un punto di partenza. C’è una nuova Italia, ma anche un nuovo mondo da raccontare, sta cambiando tutto”.

 

 

Uno degli obiettivi è “recuperare la sacralità della carta”, poiché – sostiene Cerno - “l’abbiamo anche un po’ maltrattata: la crisi del cartaceo legata alle nuove tecnologie non preclude che forse la carta possa avere un futuro diverso”. Qual è il metodo per provare a risalire la china? “Un giornale più corto, ma di qualità, stampato bene, per consegnare ai lettori qualcosa che resta più a lungo di quell’informazione che invece nello stesso momento ci giunge da altri media”. Un altro orizzonte sempre vivo in lui è la battaglia per i diritti civili. E il tema della diversità, tanto caro ai nostri giorni, ne è un cardine indissolubile. Cerno intende ancora battersi “per un’uguaglianza che non sia soltanto a parole, perché c’è molta omofobia anche nel mondo gay”. Siamo partiti dal buio, quindi concludiamo il viaggio con una fonte di luce personale nella vita privata del nuovo direttore: “Figli? “Ne ho una donata dalla vita, che è quella di mio marito avuta dal precedente matrimonio con una donna. Prima dicevo di non volerne per darmi un tono ma, ora che ci penso bene, mi è mancato averne uno”.

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