Le prime parole
Chiara Ferragni dopo la bufera: "Fedez? In tanti weekend non c'è stato"
Fedez «in tanti weekend non c’è stato. In altri, c’è stato». «Comunque, è mio marito. E secondo me, in certe situazioni di caos esterno, le altre cose è meglio tenerle dentro la coppia». «La priorità è proteggere la famiglia e i figli. Poi, naturalmente, qualunque cosa io faccia, se ne parla: se la faccio con lui o se la faccio senza di lui e chiunque nel mondo può dire la sua e avere le sue opinioni, ma per me, piuttosto che dare spiegazioni, è più importante fare quello che reputo più giusto: tenere i problemi tra le mura familiari». Parlava così Chiara Ferragni martedì 20 febbraio, in un’intervista che il Corriere della Sera pubblica oggi ma che è stata realizzata prima che si diffondessero le notizie su una crisi con il marito Fedez e un suo allontanamento dalla casa di famiglia. Intervista alla quale, Ferragni non ha poi voluto aggiungere altro, anche perché aveva già spiegato nel colloquio: «Io, a volte, faccio fatica a mostrare le mie fragilità nel momento in cui le sto vivendo. Faccio fatica perché, se raccontassi quanto mi sento fragile, mi percepirei ancora più debole, ancora più attaccabile».
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Chiara ripercorre il caso Balocco dal 15 dicembre scorso, quando l’Antitrust comunica di aver sanzionato due sue società e la Balocco per «una pratica commerciale scorretta»: «Sono rimasta completamente scioccata. Anche perché ho saputo la notizia dalle agenzie, contemporaneamente a tutti gli italiani. Era venerdì, ho passato anche sabato e domenica chiusa in casa, con addosso la stessa tuta, a leggere i tweet su di me e dire: cosa cavolo sta succedendo?». E con la stessa tuta, da 600 euro, ha poi fatto un video, finito anche quello nel mirino degli haters: «Ero vestita ancora così quando ho pensato che dovevo fare un video e dimostrare la buona fede mia e delle persone che lavorano con me. Da tre giorni, leggevo cose completamente false, tipo che avevo truffato i consumatori e perfino i bambini malati. Ero scossa e dopo varie prove ho postato il video e facevo del mio meglio per trattenere le lacrime perché non volevo fare la vittima. Mi sono detta: la gente si aspetta qualcosa da me. Dovevo scusarmi, perché, se c’erano stati fraintendimenti, vuol dire che qualcosa poteva essere fatto meglio. Ho detto anche che non avrei fatto mai più operazioni che mischiassero pubblicità e beneficenza. Poi ho pensato: faccio un gesto concreto. Le persone credono che mi sia arricchita cercando di imbrogliarle? Bene, il milione di euro ricevuto dalle mie società lo dono al Regina Margherita e farò ricorso al Tar contro una sanzione che ritengo ingiusta e sproporzionata, la pago e, se qualcosa avrò indietro, donerò anche quello».
Ma il video («un errore di comunicazione», dice) non è servito: «Forse non era il momento giusto, continuavano a uscire notizie contro di me. Ma si stava mettendo in gioco tutto, si andava molto oltre i giudizi sull’operazione in sé, la strumentalizzazione era completa. E, quando sei dentro una gogna mediatica, ti sembra che tutte le persone ti stiano accusando, invece, basta uscire un attimo di casa per accorgerti che non è così. Infatti, non ho mai incontrato qualcuno che mi dicesse ’sei una criminalè, ma solo persone che mi dicono: ’è un’ingiustizia, ne uscirai a testa alta». Quanto a future attività di beneficenza, spiega: «Ci siamo resi conto che alcuni processi di analisi interna avrebbero potuto essere gestiti meglio. E stiamo lavorando per migliorare alcuni profili organizzativi. Ho sempre pensato che, se hai trenta milioni di follower, se fai beneficenza e ne parli, crei un effetto emulativo. Durante il Covid, io e Federico abbiamo donato 50 mila euro a testa, ma comunicandolo, il crowdfunding è risultato il più sostanzioso d’Europa raccogliendo quattro milioni e mezzo. Per questo, quando possibile, la mia ratio è stata che, nell’ambito di operazioni commerciali tra le mie società e un partner, fosse semplicemente una buona idea provare ad aggiungere una parte di beneficenza anche piccola rispetto al contratto. Ho sempre pensato che, fra niente e poco, era comunque del bene che veniva fatto».
Del caso Balocco, chiarisce: «È vero che è stata una iniziativa mia e del mio team far inserire la donazione all’interno del contratto» e «la donazione è stata fatta dopo la firma del contratto ed è stata fatta subito proprio perché l’importo era certo e slegato dalle vendite e perché speravamo che il macchinario arrivasse prima della messa in vendita del pandoro». Quanto a come fosse stata comunicata la cosa, Ferragni spiega: «Nel cartiglio e nei post, però, abbiamo sempre scritto e detto che ’ Ferragni e Balocco sostengono l’ospedale...’, mai che una percentuale delle vendite sarebbe andata in beneficenza». Quanto al fatto che nell’inchiesta si indaghi su disegno criminoso tra più operazioni: Balocco, uova pasquali di Dolci Preziosi e bambola Trudi, Chiara spiega: «Queste operazioni rappresentavano una percentuale esigua del nostro fatturato. Non comprendo come si possa ipotizzare un disegno criminoso: se così fosse, la maggior parte del fatturato dovrebbe dipendere da queste attività. Per fortuna, se c’è un effetto positivo di questa vicenda, è che ora abbiamo un Ddl beneficenza o Ddl Ferragni col quale tutto sarà più chiaro. Se ci fosse stato prima, avremmo scritto sul cartiglio Ferragni e Balocco sostengono il Regina Margherita con una donazione di 50 mila euro fatta da Baloccò. Nessuno avrebbe potuto dire niente e ci faceva onore comunque», dice Ferragni che poi sottolinea che per l’operazione «Chiara Ferragni by Trudi», «la donazione è stata fatta e ho la documentazione che lo attesta. A tempo debito, chiarirò tutto a chi di dovere». Ferragni parla della struttura delle sue società, dove la maggioranza dei suoi collaboratori sono under 40, e ammette: «Quella dell’Agcm è stata la prima bastonata, la prima volta che qualcuno ci ha detto con durezza e pubblicamente che avevamo fatto male qualcosa e che ho pensato ’cavolo, eravamo in buona fede, ma evidentemente potevamo fare meglio. Ora, sono fiera dei miei ragazzi ma so che serve un rafforzamento della struttura con persone con più esperienza di me e di quelle che sempre in buona fede mi hanno aiutato», spiega sottolineando che «gli hater non hanno attaccato Balocco perché dicevano che ci sono gli operai, ma anche per le mie società - aggiunge - lavorano 50 famiglie». Sugli attacchi arrivati dal centrodestra, dice: «Non sono dichiaratamente di una parte, non ho mai inteso fare politica. Semplicemente, mi batto per i diritti inalienabili delle persone, delle donne e della comunità Lgbtq+». A chi le dice che il suo lavoro è un pò fondato sull’effimero, risponde: «Quello che faccio è molto concreto, altro che effimero. Ho un’azienda che produce e vende abbigliamento, calzature, make up, gioielli. Non promuovo solo prodotti altrui».
«Non so se il mio è un lavoro che farò per tutta la vita o se vorrò raccontare la mia vita per sempre. So che mi piace comunicare. A 16 anni, a Cremona, mi facevo l’autoscatto, volevo capirmi attraverso una foto. E c’è sempre stata l’idea di condividere quelle foto col mondo e vedere cosa ne pensava nel bene e nel male». Alla domanda se in questi mesi ha pensato che tutto il suo successo potesse finire per sempre, Chiara replica: «Non è il primo momento in cui ho questa paura: la paura è costante. In questo lavoro temi di non piacere più. Per questo ho lavorato su me stessa. So che non posso piacere a tutti, ma a quelli che mi seguono piaccio perché sono me stessa, perché cerco di ispirare verso cose positive. Questo è il mio modo di comunicare e io senza comunicare non riuscirei a vivere: mi piacciono anche le critiche, se costruttive. Ho cambiato tanto di me, ascoltandole». Per esempio, «negli anni, mi sono sforzata di manifestare di più le fragilità. Però, a volte, fatico a farlo nel momento in cui le sto vivendo, se no, mi sentirei troppo attaccabile e mi mostrerei troppo debole. Le persone, da fuori, vedono una vita perfetta. Io stessa all’inizio guardavo le top model e dicevo: ’wow, che vita, chissà come stanno bene con se stesse. Poi, quando succede a te, capisci che stiamo tutti anche male. Io sono grata della mia vita, ma non sono perfetta e non voglio più apparire tale». «Io ho creato una vita che va oltre i sogni che avevo da bambina». E questo si è verificato, dice, «con una concatenazione di eventi e col fatto di seguire il mio istinto e lavorare sodo. Poi, il successo c’è, è oggettivo ma che me lo meriti è soggettivo. Tanti pensano che non lo meriti», dice sorridendo. «Io penso di essere una brava persona e di dare il massimo in tutto quello che faccio», conclude.