il caso
Saman Abbas e gioielliere di Asti, Vittorio Feltri: "E' una gabbia di matti"
Paradossi delle pene. Ne parla Vittorio Feltri nella sua rubrica pubblicata su Il Giornale del 23 dicembre. In alcuni casi sembra che nelle aule dei tribunali ci siano due pesi e due misure. Come nel caso del gioielliere di Asti a cui non è stata riconosciuta la legittima difesa e di Saman Abbas. "Per quanto riguarda il gioielliere - scrive Feltri - i magistrati non hanno riconosciuto la legittima difesa in quanto l’uomo, che pure era impaurito, stanco, frustrato da ripetute rapine che subiva da tempo, esasperato, preoccupato per la famiglia, comprensibilmente agitato, ha rincorso i ladri in fuga sparando loro alle spalle. Quindi è stato contestato proprio questo elemento: il gioielliere non ha agito per tutelare la sua pelle o quella di un familiare ma per una sorta di spirito di vendetta, ovvero con una volontà di uccidere e non di salvaguardarsi dall’essere ucciso. Sono molto dispiaciuto per questo signore, trattato alla stregua di un qualsiasi assassino e penso il tribunale avrebbe dovuto dare maggiore peso allo stato d’animo del gioielliere, il quale, come ho già specificato, veniva rapinato sistematicamente".
Discorso diverso, invece, per il caso di Saman Abbas. La pena dello zio è stata "scontata" grazie alla sua collaborazione con la giustizia che ha permesso di trovare il corpo e illustrare il corso degli eventi. "In riferimento, invece, al barbaro omicidio di Saman Abbas - prosegue Feltri - non mi duole tanto che lo zio abbia ricevuto soltanto 14 anni di pena bensì che la madre, latitante, sia ancora impunita, proprio colei che ha consegnato la figlia a chi l’ha trucidata, proprio colei che ha teso alla sua bambina un tranello per farla finire nella trappola mortale ordita dal nucleo familiare, da questo clan malefico. Nel valutare la posizione dello zio ritengo che il giudicante non abbia potuto fare a meno di riconoscere a questi la collaborazione fornita agli inquirenti, collaborazione che ha condotto al ritrovamento del corpo e alla ricostruzione stessa dei fatti in aula".
Infine le conclusioni. Feltri non può non riconoscere che, spesso, ci troviamo di fronte a evidenti ingiustizie. "Ti capisco, Luigi, a volte proviamo questa sensazione: ci pare che il mondo giri al rovescio - conclude Feltri - che siamo qui, in questa gabbia di matti, ad osservare con sconcerto quello che accade intorno a noi, che nulla funzioni come dovrebbe, che tutto sia profondamente, irrimediabilmente, insopportabilmente ingiusto. Tuttavia, sarebbe troppo facile credere che la colpa sia di chi è chiamato a giudicare e non di tutti quanti noi".