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Chiara Ferragni scivola pure sulle uova di Pasqua

Alessio Buzzelli
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Dal pandoro di Natale alle uova di Pasqua. Non sono trascorse nemmeno 24 ore dalla pubblicazione del video di scuse postato da Chiara Ferragni per quanto emerso nell'oramai famoso pandoro-gate, che subito un'altra brutta tegola rischiando di abbattersi sulla reputazione dell'influencer più famosa d'Italia. Questa volta a scoperchiare un nuovo potenziale vaso di Pandora non è stato l'Antitrust, ma una giornalista del Fatto Quotidiano, Selvaggia Lucarelli, secondo la ricostruzione della quale nel 2021 e nel 2022 ci sarebbero state altre due operazioni molto simili a quella che tanto scalpore sta destando in questi giorni. Con l'unica differenza che in questo caso al centro dello scandalo sarebbero delle uova di Pasqua e non dei pandori e che al momento non vi è alcuna istruttoria aperta sul caso, ad eccezione di un esposto del Codacons.
 

 

 

Nel lungo articolo pubblicato ieri, la Lucarelli sostiene che all'interno delle campagne benefiche a favore del progetto «I Bambini delle Fate», firmato dall'imprenditrice lombarda in collaborazione con l'azienda Dolci Preziosi, sarebbe stato applicato il medesimo schema visto nel « caso Balocco» (sul quale, tra le altre cose, la Procura di Milano sta valutandola possibilità di aprire un fascicolo). «Lo schema sembra identico a quello dei pandori - scrive la giornalista- lei si fa pagare come testimonial, dalla sua comunicazione si deduce che la beneficenza sia legata alla vendita dei dolci, le testate ei consumatori capiscono questo e il gioco è fatto». A sostegno della sua tesi, la Lucarelli passa in rassegna tutta una serie di titoli «imprecisi» apparsi su varie testate all'epoca dei fatti (titoli che lascerebbero intendere come i proventi della vendita delle uova brandizzate Ferragni fossero erroneamente presentati come destinati alla campagna benefica ) e alcune citazioni prese direttamente dai canali della Ferragni, anch'esse tese a veicolare un messaggio quantomeno fraintendibile. Ma la giornalista del Fatto non si ferma qui e contatta Franco Cannillo, imprenditore che ha acquisito Dolci Preziosi, per chiedere lumi sulla questione. «Assolutamente non c'è stata correlazione tra le vendite delle uova e la donazione a "I Bambini delle Fate"»–avrebbe raccontato Cannillo alla Lucarelli Ferragni è stata pagata per aver ceduto la sua immagine. Noi abbiamo fatto una donazione, per lei non era da contratto». 

 

 

Aggiungendo poi che il cachet dell'influencer si sarebbe aggirato intorno «ai 500.000 euro nel 2021 e ai 700.000 circa nel secondo anno». Dopo Cannillo, tocca a Franco Antonello de «I bambini delle Fate», destinatario della donazione, dire la sua: «noi abbiamo stretto un accordo con Dolci Preziosi, loro volevano scrivere che la donazione era legata alle vendite, noi ci siamo rifiutati e abbiamo permesso di usare l'espressione "Sosteniamo i Bambini delle fate"». Al termine della campagna di beneficenza, secondo quanto riferito da Antonello alla Lucarelli, Dolci Preziosi avrebbe donato alla sua associazione «un anno 12.000 euro e l'altro 24.000 euro». Nel pomeriggio di ieri è arrivata però una precisazione della Cereaitalia, azienda proprietaria del marchio Dolci Preziosi, proprio in relazione all'articolo della Lucarelli e, in particolare, alle dichiarazioni di Antonello. L'azienda, si legge nella nota, intende dissociarsi dalla ricostruzione per cui ci sarebbe stata la volontà «di voler scrivere una correlazione tra il contributo dato all'impresa sociale e la vendita delle uova», poiché «non rispecchia né la volontà dell' azienda né tantomeno gli accordi esistenti tra Cerealitalia e l'impresa sociale "I bambini delle fate"», accordi nel rispetto dei quali «è stato elargito il contributo».

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