A un anno dalla scomparsa
Sinisa Mihajlovic, confessione choc della moglie: "L'ho sentito accanto a me..."
A un anno di distanza dalla terribile scomparsa, Arianna Rapaccioni ha ricordato il marito Sinisa Mihajlovic. Severo, fragile e brillante contemporaneamente, l'allenatore di calcio è rimasto nel cuore di molti. A poterne parlare e a diffonderne un ritratto veritiero possono essere solo i familiari. E così la moglie ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera e ha raccontato: "Solo in quest’ultimo mese sto prendendo coscienza del fatto che mio marito non c’è più. I primi mesi non capivo più nulla, stavo a Roma, dove mi ero stabilita quando i figli hanno iniziato le superiori, e avevo come la sensazione che Siniša fosse ancora vivo e stesse a Bologna ad allenare la squadra".
Quindi le confessioni più delicate: "È stato tutto così strano. Sentivo la sua presenza fisica in casa e quasi non sentivo la sua mancanza. Pensi che, nel momento in cui è mancato, ero talmente sotto shock che sorridevo a tutti. Forse, perché perdere mio marito è stato il mio primo lutto. Dopo, per mesi, ho avuto sensazioni da chiedermi se ero pazza. Ho sentito delle mani sulle mie mani, proprio delle mani che avvolgevano le mie. E, una notte, l’ho sentito stendersi accanto a me nel letto, ho avvertito il materasso che sprofondava da una parte". Arianna Rapaccioni ha continuato: "Poi, ho cominciato a parlare con altre persone che hanno subito un lutto e ho scoperto che non ero io pazza, ma che queste esperienze appartengono a molti. Io sentivo il rumore delle sue ciabatte in cucina. Lui, in casa, portava sempre ciabatte che scricchiolano tanto. È successo nei primi mesi, ora non più. Ma forse erano suggestioni dettate dal pensiero costante che ho di lui".
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Sulla malattia che gliel'ha portato via, la moglie di Sinisa Mihajlovic ha detto: "Mio marito aveva la leucemia ma non pensavo potesse morire. Poi, certo, non sono stupida e la sua era una malattia importante, ma anche lui negava l’evidenza. Se qualcuno gli chiedeva cos’aveva, diceva: amò che malattia ho? Mi chiamava così: amore. E io: hai la leucemia mieloide acuta". E ancora: "Siniša non leggeva i referti, non guardava su Internet, voleva solo sapere quali cure fare. Ha sperato fino all’ultimo di guarire. Ha lottato come un leone, ha fatto cure allucinanti, due trapianti, una cura sperimentale tostissima… Gli sono stata accanto negli ospedali per quattro anni. Credo che il mio stato shock dipenda anche dalla sofferenza vissuta insieme".