Pro Vita, Capezzone condanna l'assalto alla sede: "Bel linguaggio da anni Settanta"
"Una bottiglia pronta a esplodere che avrebbe potuto provocare gravi danni anche a persone", a mostrarla tramite i loro canali social è Pro Vita & Famiglia, la cui sede è stata assaltata lo scorso sabato da duecento persone provenienti dal corteo contro la violenza sulle donne promosso da Non una di meno. "Questo è l'ordigno esplosivo rinvenuto dalla Polizia nella nostra sede dopo l'assalto da parte di alcuni partecipanti al corteo di Non Una Di Meno di sabato scorso", ha denunciato Jacopo Coghe, portavoce dell'associazione. La vicenda è stata il tema al centro dell'intervento di Daniele Capezzone a Fuori dal coro. Ospite di Mario Giordano, il direttore editoriale di Libero ha premesso: "Non tutte le battaglie di Pro Vita sono la mia tazza di tè, io sono un vecchio libertario, un vecchio laico, ma a maggior ragione mi taglierei una mano per consentire la loro piena libertà di parola, la loro piena libertà di azione".
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"È una vergogna che ci sia stato l'assalto e la beffa contro di loro. Gli tirano una molotov dentro e poi dicono 'Beh, che problema c'è. Tanto l'ordigno non è esploso'. Quindi ci voleva il morto, ci voleva il sangue per esprimere un po' di solidarietà. Siamo a questo punto?", ha continuato il giornalista, condannando quindi l'azione di chi, invece di manifestare, ha messo a rischio la vita di alcune persone. "Parlo alle signore di Non una di meno che dicono 'Abbiamo sanzionato un'associazione....' Bel linguaggio da anni Settanta. State attenti che gli anni Settanta tornano. Nel giugno del 1971, un sacco di intellettuali italiani, della sinistra italiana, firmò un vergognoso appello contro il commissario Calabresi per accusarlo della morte dell'anarchico Pinelli. Undici mesi dopo, forse anche quelle parole, armarono la mano di chi il commissario Calabresi lo uccise", ha aggiunto Capezzone, per poi concludere: "State attenti a quello che dite. Potreste vergognarvene tutta la vita".