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Israele-Hamas, tregua prolungata. Fabbri: "Se cominciasse la guerra nei tunnel..."

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Altri due giorni di tregua in cambio del rilascio di ulteriori 20 ostaggi. Lo hanno concordato Israele e Hamas al termine di quelle che dovevano essere le ultime 24 ore di stop ai combattimenti. Ora, l'ufficio del primo ministro israeliano ha comunicato di aver ricevuto la lista di coloro che verranno liberati oggi dal gruppo terroristico e ha fatto sapere di aver informato le loro famiglie. In totale, sono 50 gli israeliani che sono stati liberati finora, mentre circa 170 rimangono prigionieri a Gaza. Quali sono i possibili scenari? Questa domanda è stata posta a Dario Fabbri. Ospite di David Parenzo a "L'aria che tira", l'analista geopolitico ha cercato di spiegare come potrebbe evolvere la guerra in Medio Oriente. 

 

 

"Hamas ha avuto quattro giorni di cui aveva necessario bisogno, dal suo punto di vista, perché era sotto schiaffo dall'8 ottobre da parte di Israele. Oggettivamente, dopo quattro giorni, non è che fa granché sul piano militare. Per quanto riguarda la dimensione terrestre della guerra, in quattro giorni Hamas non può riorganizzarsi per niente. Respira, e questo è meglio che morire, ma non può molto di più", ha spiegato l'esperto in collegamento con lo studio. 

 

 

Cosa dobbiamo aspettarci? "Se cominciasse la guerra nei tunnel, quella sarebbe complicatissima, anche e soprattutto per Israele. Hamas non può che attendere quella fase. La speranza di Hamas è che questa tregua diventi un cessate il fuoco. Per questo Israele si impegna a dire il contrario, a chiarire che la tregua è temporanea. Il cessate il fuoco per Israele vorrebbe dire aver perso la guerra. Gli ostaggi tornerebbero a casa, ma Hamas non sarebbe debellata. Io credo che il governo israeliano non sappia come muoversi", ha continuato Fabbri. Chi trae beneficio dalla tregua, dunque? "Hamas innanzitutto. Israele non ne beneficia, al di là del rilascio degli ostaggi. Hamas, sebbene poco, può riprendersi", ha concluso. 

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