Filippo Turetta, "virtualità narcisistica": l'analisi di Recalcati sul rapporto con Giulia
Filippo Turetta è ora nel carcere di Verona e aspetta di essere interrogato martedì dal gip. Dopo essere sparito nel nulla con Giulia Cecchettin, la 22enne il cui corpo è stato ritrovato senza vita e abbandonato in un canalone, il giovane si è affidato a una fuga folle e poi è stato fermato e arrestato in Germania. La storia dei due ex fidanzati ha scosso l'opinione pubblica e ha catalizzato l'attenzione di chi sui giovani studia e si informa. È questo il caso di Massimo Recalcati che, in un'intervista rilasciata a Repubblica, ha provato ad analizzare l'azione di Filippo, accusato di sequestro di persona e omicidio volontario aggravato. Per lo psicanalista non si tratta tanto del "retaggio del patriarcato", come molti stanno sostenendo, ma il vero problema si nasconde in una profonda tendenza al narcisismo.
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"Il mito del nostro tempo è quello del successo individuale. Si tratta di un nuovo imperativo che rende impossibile l'esperienza del fallimento. Chi corre piano o chi cade è tagliato fuori. Si tratta di un vero e proprio culto della prestazione e del perfettismo.
Subire il rifiuto di una ragazza significa riconoscere i propri limiti, che non si può essere tutto né avere tutto. Significa accettare una sconfitta delle proprie aspirazioni. Per questo a volte il ricorso alla violenza sostituisce la dolorosa constatazione della propria insufficienza. È una tendenza del nostro tempo: rifiutare l'ostacolo, la perdita, il fallimento, il dolore": così ha esordito Recalcati.
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Il saggista ha individuato nell'educazione che i giovani ricevono una della maggiori cause di tale narcisismo: "Oggi una delle angosce più diffuse tra i genitori è quella di tutelare i loro figli proprio dal rischio del fallimento e della caduta. Questo non aiuta i figli ad assumere la responsabilità delle loro parole e delle loro azioni. E, soprattutto, a comprendere che è proprio attraverso la caduta e il fallimento che la vita dei nostri figli acquista una forma effettiva. Sono gli adulti responsabili di non trasmettere ai figli il senso della legge, ovvero che non si può essere tutto, avere tutto, sapere tutto, fare tutto… Il mondo sociale nei suoi aspetti più patologici esalta il perfettismo e il principio di prestazione. Non c'è in quel luogo alcuna confidenza con l'esperienza della caduta e della solitudine. È una virtualità narcisistica dove tutto deve apparire ideale", ha concluso.
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A Recalcati è stato poi chiesto se alla base del gesto estremo commesso da Filippo possa esserci la paura della parità dei sessi. "Da sempre gli uomini che odiano le donne sono uomini che non sopportano la loro libertà. Non è tanto l'invidia ad avere spinto Filippo ad uccidere, ma la frattura di un legame che per lui costituiva la sola salvezza possibile dal buio della depressione. Una rottura che avviene in due tempi: il primo è quello nel quale Giulia dichiara la fine del suo amore; il secondo quando si approssima a discutere la sua tesi di laurea. Sono due fratture irreversibili inflitte all'ideale della coppia simbiotica", ha concluso.