Giulia Cecchettin, Porro contraddice la sorella Elena: "Non è un omicidio di Stato"
Ogni volta piange il cuore un po’ di più. E se ci spingiamo a elencare i nomi delle 103 donne uccise nel 2023, di cui 82 in ambito familiare o affettivo, e 53 dal partner (o ex), le lacrime sono davvero troppe. Troppo è il dolore delle persone a loro care. Giulia Cecchetin è l’ultima in ordine cronologico, accoltellata e gettata come un rifiuto in un canale adiacente al lago di Barcis, vicenda per cui è indagato l’ex fidanzato Filippo Turetta. Intanto, ha fatto il giro del web la feroce e comprensibile critica rivolta dalla sorella della vittima, Elena Cecchetin, al “sistema patriarcale” che caratterizza la società italiana – a suo dire - figlia “del patriarcato e della cultura dello stupro”. Parole pronunciate con lucidità e veemenza in diretta su Rete 4, durante la trasmissione Dritto e Rovescio, e ribadite poi in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera. Un discorso condiviso da molti, sui social e non solo, ma non da Nicola Porro, che si è dissociato dall’accusa di “omicidio di Stato” mossa da Elena.
"Bruciate tutto": la lettera della sorella di Giulia è un grido di dolore
Il conduttore di Mediaset, in un articolo pubblicato sul proprio blog personale, pur premettendo la sua solidarietà con la parente di Giulia, non riscontra un nesso tra cultura dello stupro, cultura del patriarcato e questo femminicidio. Nondimeno, Porro confuta l’opinione di Elena per la quale “ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”, e che il “femminicidio è un omicidio di Stato”. Insomma, il fulcro del discorso del presentatore di Stasera Italia, è che non si può generalizzare un qualcosa di così personale: “Io non mi sento colpevole: lo posso essere di tante cose, ma non del patriarcato o della morte di Giulia. Elena merita tutto il nostro rispetto perché sta vivendo un lutto tremendo, ma non si può dire che il femminicidio è un omicidio di Stato”.
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Bisognerebbe intervenire a livello statale per prevenire certi comportamenti? Certo, e non da oggi. Se le vittime aumentano di anno in anno, appare lapalissiano che qualcosa non funzioni a dovere. Anzitutto, e qui Elena non sbaglia affatto, nella cultura e nell’educazione familiare e scolastica. Ma anche nel captare i segnali immediatamente (catcalling, gelosia ossessiva, smania di controllo e potere). Non c’è dubbio che essi siano, come dice Elena, “il preludio al femminicidio”, nell’ottica di un’escalation violenta. Ma si sarebbe potuto parlare di “omicidio di Stato” solo nel caso in cui, a fronte di una denuncia di Giulia, le forze dell’ordine non fossero intervenute per prevenire la sua morte. Eventualità già avvenuta in passato, ma non è questo il caso specifico. Porro chiude il suo articolo con un affronto anche a Chiara Ferragni. “Esiste un limite al marketing?”, è la domanda retorica che si fa il conduttore commentando la frase dell’influencer “per noi non esiste un posto sicuro”. Addirittura, “mi sono venuti i brividi a leggerla”, giudica sarcasticamente. Ma, al di là di tutto, la paura dell’abuso è un sentimento sempre vivo nel cuore delle donne. Specie se si osservano i numeri citati all’inizio.
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