attacchi mediatici
Medio Oriente, Capezzone suona la sveglia sugli attacchi mediatici ad Israele
“La mostrificazione dello Stato ebraico”. È questo il titolo dell’editoriale sulla guerra tra Israele e Hamas scritto sull’edizione del 2 novembre di Libero da Daniele Capezzone. Il direttore editoriale del quotidiano lombardo si focalizza sulle accuse a Tel Aviv in risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre: “In Medio Oriente la guerra è stata scatenata da un gruppo di tagliagole non solo contro Israele, ma contro la vita, la libertà, l’umanità. La guerra sarà lunga, un affare di mesi, non di giorni o di settimane. Se la strategia dell’esercito israeliano sarà comprensibilmente quella di provare a stanare i terroristi, di accerchiarli e farli uscire da cunicoli e rifugi, è evidente che occorrerà un tempo non breve. È bene sapere sin d’ora come gli avversari condurranno la loro guerra mediatica. Il primo schema l’abbiamo già ben compreso e si tratta di una strategia volta a far dimenticare il 7 ottobre, a rendere sfocate nella nostra memoria le immagini dei bimbi israeliani sgozzati, delle persone sequestrate, delle case violate e trasformate in orridi laghi di sangue. Il secondo schema ha l’obiettivo piano piano di rovesciare le responsabilità, tentando di scaricare su Israele la colpa di nuovi eccidi da presentare come altrettanto gravi di quelli del 7 ottobre. Anzi, come ancora più gravi, in omaggio alla ben nota tesi della ‘risposta non proporzionata’”.
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E Capezzone manda a tutti un avviso: “Nelle prossime settimane e mesi, entreremo in una dimensione pericolosissima non solo sul terreno, ma pure rispetto alla guerra mediatica. Non voglio dire che Israele non sbagli mai, o che lo scrutinio critico debba essere esercitato in modo intermittente, occorre sempre vagliare bene la propaganda di guerra, da qualunque direzione provenga. Ma questo non deve farci perdere di vista la bussola. Può darsi che pure Churchill e Roosevelt, a suo tempo, abbiano commesso errori durante la Seconda Guerra Mondiale, ed è certo la Germania soffrì un numero enorme di vittime civili (oltre due milioni). Ma ciò non può rovesciare la sostanza di un giudizio storico incancellabile, da una parte c’era chi combatteva per la libertà, e dall’altra l’orrore del nazionalsocialismo. Un’ottantina di anni dopo - la denuncia del giornalista - siamo allo stesso spartiacque. Non possiamo farci ingannare, nemmeno per un minuto”.