Israele, l'affondo dell'ambasciatore Eydar sull'Onu: "In mano a un blocco antisemita"
«Israele combatte per l’Occidente, non solo per il popolo ebraico», dice così a Il Tempo Dror Eydar, ambasciatore d’Israele in Italia fino allo scorso anno. È appena atterrato a Roma da Tel aviv dove ha salutato i tre figli. «Mio figlio si è arruolato nell’esercito, le ragazze sono ancora giovanissime, si stanno dedicando al volontariato: fanno compagnia agli anziani rimasti senza familiari, preparano i pasti per i soldati, lavorano nei campi dove, fino al 7 ottobre, erano impiegati i braccianti di Gaza».
Partiamo dal 7 ottobre: fino a quella data migliaia di palestinesi entravano in territorio israeliano con dei permessi quotidiani per lavorare.
«Abbiamo teso loro una mano, e questa è la ricompensa. Molti palestinesi, che abbiamo accolto nelle nostre case come badanti, contadini, operai, hanno approfittato del sistema dei pass giornalieri per diventare informatori dei terroristi. Nei villaggi colpiti dai terroristi, abbiamo rinvenuto le mappe disegnate a mano, gli elenchi con i nomi dei componenti di ogni famiglia. Alcuni di loro hanno preso parte in prima persona all’attacco terroristico negli stessi kibbutz che li avevano accolti».
Il 7 ottobre segna un prima e un dopo.
«Da vent’anni gridiamo al mondo che esistono due lingue: una occidentale, tipica della società civile; un’altra del tutto irrazionale e mitologica, fondata sul fondamentalismo islamico. Se la causa del conflitto tra noi e loro fosse soltanto territoriale, potremmo discutere su come spartirci la terra. Ma Hamas non parla la nostra lingua. Mi auguro che dopo il 7 ottobre lo abbia compreso anche il resto del mondo».
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In seguito alle dichiarazioni del Segretario generale dell’Onu Guterres («gli attacchi di Hamas non nascono dal nulla»), Israele ha annunciato che negherà i visti di ingresso ai funzionari Onu.
«Le parole di Guterres sono il segno di una grave degenerazione morale. Quelle parole giustificano le camere a gas della Germania nazista. Oggi le Nu sono un’organizzazione profondamente corrotta, in balia di una netta maggioranza antisemita. Negli ultimi sette anni l’Assemblea generale ha condannato Israele più di centoventicinque volte, l’Iran forse sette. L’unica decisione buona in tutta la sua storia risale al 1947 quando la risoluzione n. 181 pose le basi del futuro stato di Israele. All’epoca Israele accettò il piano di spartizione, definito dalle Nu, ma dal giorno successivo partirono gli attacchi degli eserciti arabi vicini. Questa è storia. Abbiamo vinto ogni guerra e vinceremo anche questa».
Per Hamas la priorità è la questione palestinese o il jihad islamico?
«Ad Hamas dei palestinesi non importa nulla. Hamas è un movimento religioso, fa parte della Fratellanza musulmana, il suo statuto fissa l’obiettivo dell’annientamento dello Stato di Israele e dell’eliminazione del popolo ebraico in ogni parte del mondo. Hamas usa i civili come scudi umani, sottoterra a Gaza c’è una città nella città, mentre la gente muore di fame loro dirottano le risorse sugli armamenti. Quando nel 2005 ci siamo ritirati unilateralmente da Gaza, speravamo che creassero una Singapore araba, invece hanno costruito una enclave nazista».
In Cisgiordania il mandato di Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, è scaduto nel 2009.
«A molti piace raccontare che ci sarebbe una enorme differenza tra Hamas e l’ANP. Eppure se domani si votasse in Cisgiordania, Hamas vincerebbe. Come si spiega? Anche dopo il 7 ottobre, a Ramallah si sono tenuti cortei pro Hamas inneggianti a quei selvaggi che hanno ammazzato oltre 1400 persone, decapitato bambini e smembrato i cadaveri. A mio giudizio, la differenza è una soltanto: il 7 ottobre sono partiti da Gaza».
Questa non le sembra una esagerazione?
«I terroristi di Hamas sono i nuovi nazisti. Il nazismo però avvertiva l’esigenza di nascondere al mondo le atrocità dei campi di sterminio, questi barbari invece hanno filmato ogni sevizia e poi si sono affrettati a caricare i video sui social network. Quanto alla Cisgiordania, mi lasci ricordare che la Carta nazionale della Palestina sostiene che non esistano legami storici tra gli ebrei e la Terra Santa, e che gli ebrei non siano un popolo ma solo i fedeli di una religione, perciò privi del diritto all’autodeterminazione».
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I media occidentali, dalla Cnn al NYT, si sono mostrati permeabili alla propaganda di Hamas.
«Noi ebrei siamo abituati all’antisemitismo. Dicono: non siamo contro gli ebrei ma contro lo stato d’Israele. Israele è uno stato ebraico e lo sarà sempre. Non ci aspettiamo che siano la Cnn o il Nyt a riconoscere il nostro diritto all’esistenza. Anche dopo il lancio del razzo sull’ospedale di Gaza, ci sono voluti tre minuti per addossare le responsabilità a noi prendendo per oro colato la versione dei neonazisti».
Il sostegno dell’Occidente appare fragile.
«Hamas punta a creare il nuovo califfato e ad annientare gli infedeli. Roma rappresenta la capitale del mondo cristiano e occidentale, per questo ci aspettiamo un sostegno più forte e deciso, anche da parte della Santa Sede. I cristiani sono perseguitati in tutto il mondo, in Africa c’è una forte recrudescenza del fondamentalismo islamico».
L’attentato di Bruxelles ha fatto risprofondare l’Europa nella paura, come dopo l’11 settembre.
«Non è la guerra di Israele ma di tutto il mondo libero. Mentre parliamo esistono cellule dormienti in Europa, anche in Italia. Il governo italiano sa gestire l’allerta terrorismo ma nessuno può dormire sonni tranquilli. Noi non ci fermeremo finché il male non sarà estirpato».
La leadership di Netanyahu, il premier più longevo della storia di Israele, è al tramonto?
«Non è questo il momento di esaminare le responsabilità. Si farà a tempo debito e a guerra conclusa».
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