antisemitismo

Usa, la sinistra si spacca per colpa dei pro-Hamas. Rampini: “Via i fondi alle università”

Gabriele Imperiale

È una sinistra americana in frantumi quella descritta da Federico Rampini sulle pagine de Il Corriere della Sera. Una sinistra scismatica, divisa, frammentata tra comunità Jewish progressista – finanziatrice delle università americane – e l’ala più radicale, quella left wing (per dirla all’americana) che è pro-Hamas e che domina non solo nei campus ma anche in altre fazioni come il movimento antirazzista Black Lives Matter. Una spaccatura evidente con gli esponenti di punta della comunità ebraica che prendono le distanze o boicottano apertamente gli atenei che hanno ospitato o avallato manifestazioni pro-terroristi o addirittura episodi di aperto anti-semitismo. Ne è un esempio recentissimo, Ron Lauder, esponente di una famiglia ebrea ed erede della dinastia della multinazionale dei cosmetici, Estée Lauder.

I Lauder – come racconta Rampini –da sempre grandi mecenati e hanno finanziato di tutto, dalle grandi università al mondo dell’arte. Da sempre fino ad oggi, visto che Ron Lauder ha annunciato un “riesame” del sostegno finanziario alla University of Pennsylvania, rea di aver tollerato manifestazioni di aperto sostegno al terrorismo e atti di ostilità verso gli studenti di origine ebraica. Poi il miliardario israeliano Idan Ofer e il fondatore di Victoria’s Secret, Leslie Wesner, che hanno tagliato i rapporti con l’ateneo di Harvard dopo che 34 associazioni studentesche hanno addebitato a Israele – “senza incontrare opposizione da parte delle autorità accademiche”, sottolinea il giornalista - il massacro di civili israeliani da parte di Hamas.

 

 

E che questa spaccatura possa rivelarsi fatale per i dem, lo testimonia quanto la comunità ebraica negli Stati Uniti conti per le cause progressiste: tra i più ricchi e i più noti campioni della sinistra ci sono George Soros e Michael Bloomberg. “Soros finanzia movimenti per i diritti umani e le libertà nel mondo intero” ricorda Rampini. Nei soli Stati Uniti “ha sostenuto alcune delle frange più radicali, per esempio ha donato alle campagne elettorali di magistrati dell’ultrasinistra, quelli che sistematicamente scagionano e mettono in libertà i colpevoli di reati se appartengono a minoranze di colore”. L’ex sindaco di New York invece nasce repubblicano, finito per candidarsi come democratico alla nomination per la Casa Bianca e “finanzia molte campagne ambientaliste”. Entrambi sono “tra i mecenati più generosi per le università” dice Rampini che aggiunge: “una parte di questa comunità di Jewish-American scopre di essersi coltivata una serpe in seno”.

L’antisemitismo dilagante nei campus ha colto di sorpresa molti donatori illustri. “Come si spiega questo fenomeno?” si chiedono. Forse, scrive Rampini, “non avevano prestato attenzione a quel che stava accadendo nel corpo docente” persino nei programmi d’insegnamento. Il giornalista entra più nel dettaglio: “Le letture assegnate agli studenti sono un concentrato di quel vetero-marxismo-leninismo dominante nei campus, con punte di terzomondismo anti-occidentale, appelli alla lotta contro l’Occidente e contro il nemico sionista che non sfigurerebbero in un volantino di Hamas”. Un fenomeno tutt’altro che limitato: Berkeley, Stanford, Yale e Princeton avrebbero infatti corsi simili ed è obbligatorio, scrive Rampini, descrivere nei campus Gaza come “simbolo del proletariato “marxianamente sfruttato” e Israele del capitalismo occidentale”.

 

 

Ma, conclude Rampini, non è la prima volta che la comunità ebrea americana si sente “tradita”. La componente più progressista degli ebrei americani “ha sostenuto le battaglie degli afroamericani, incluse le frange estremiste come Black Lives Matter” ma “questa solidarietà non è stata ricambiata dalla militanza più radicale dei movimenti anti-razzisti, dove è d’obbligo identificarsi con tutte le forme di lotta dei palestinesi, anche le più violente”. “Uno scisma che avrà ripercussioni anche sul comportamento elettorale e gli equilibri politici?” si chiede Rampini che prova a dare una risposta: “È presto per dirlo ma ho segnalato la candidatura alle presidenziali come indipendente di Cornel West, intellettuale dell’estrema sinistra Black pro-palestinese che potrebbe sottrarre consensi giovanili al partito democratico”.