"La scommessa di Meloni", Palmerini: chi premia la manovra del governo
Alla fine la Manovra finanziaria 2024 è stata approvata dal Consiglio dei ministri. Una legge di bilancio da "poco meno di 24 miliardi, frutto di 16 miliardi di extragettito e per il resto di tagli di spese", ha spiegato la premier Giorgia Meloni. Il governo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia ha scelto di fare di necessità virtù e puntare tutto su un target ben preciso di italiani a cui offrire il proprio sostegno. È questa l’analisi offerta dalla giornalista del Sole 24 Ore Lina Palmerini che, ospite di Otto e Mezzo su La7, è intervenuta per scandagliare la finanziaria: “Il succo della manovra è tutto improntato sulla riduzione fiscale” e, in particolare, due mosse specifiche: “Il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35.000 euro e l’accorpamento delle aliquote Irpef fino a 28.000 euro”.
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Ciò significa che, “sulla base dei calcoli fatti da Il Sole 24 Ore”, i più agevolati da questo disegno di legge sono gli appartenenti “alla fascia di reddito tra i 21.000 e i 35.000 euro”. Ragion per la quale, sostiene Palmerini, la “decisione che prende il governo è quella di guardare a questa fetta di popolazione, il ceto medio-basso”. Perché? Beh, “soprattutto per la questione dell’inflazione, che secondo i dati odierni dell’Istat è al 5.3%, ma che sui beni alimentari è ancora alta, sopra l’8%”.
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Di conseguenza, la coalizione capitanata da Meloni ha “scommesso sul ceto medio-basso, mentre quelli che guadagnano di meno, o poco di più, sono un po’ meno aiutati. Invece sui redditi da 50.000 euro in su c’è una sterilizzazione dei benefici fiscali”. C’è però una cosa che, più delle altre, ha colpito l’ospite della conduttrice Lilli Gruber: “Sorprende che questi provvedimenti abbiano un orizzonte così limitato, un anno”. Una prima causa da individuare è la ristrettezza di fondi, ma poi c’è anche un’altra doppia questione alla base secondo Palmerini: “Percorriamo un sentiero strettissimo tra due grandi incognite: da una parte un debito pubblico imponente, sul quale paghiamo interessi crescenti, tanto che arriveremo a pagare 100 miliardi l’anno nel 2026. L’altra è la crescita economica: la previsione del governo è di un incremento dell’1.2%, ma gli istituti già correggono a ribasso”.