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Israele, il nodo degli ostaggi. Il generale Bertolini: “Meglio la trattativa diplomatica”

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Il generale Marco Bertolini, ex numero uno del Comando operativo di vertice interforze e di Col Moschin e Brigata Folgore, ha rilasciato un’intervista al Messaggero sulle conseguenze dell’attacco di Hamas ad Israele, focalizzandosi in particolare sulle tattiche di liberazione per gli ostaggi portati a Gaza: “È molto difficile, senza accettare il rischio che siano uccisi, l’operazione chirurgica è impossibile in quel formicaio. Israele è la principale potenza militare dell’area, ma per decenni le sue forze armate hanno fatto antiterrorismo, controllo della sicurezza interna, contrasto a azioni condotte da miliziani senza uso di forze manovrate. Ora devono fronteggiare una minaccia cui non erano abituate, un’azione multimodale. Da Gaza non si sono limitati ad alzare una quantità di razzi più importante ed efficace che in passato, o a fare tentativi di esfiltrazione dalla Striscia. Stavolta hanno esfiltrato numerosi miliziani che avevano un obiettivo territoriale e il compito di prendere ostaggi. Hanno impiegato mezzi innovativi come i paramotori, e i droni, hanno neutralizzato carri armati importanti come i Merkava. E hanno catturato soldati come prigionieri di guerra, e civili come ostaggi”.

 

 

“Sono trattenuti - spiega il generale - in un’area formicaio di 360 chilometri quadrati e oltre 2 milioni di abitanti. Probabilmente si vorrà giocare una battaglia più diplomatica che militare, uno scambio coi detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, che fornirebbe a Hamas un riconoscimento che Israele non ha mai voluto concedere. A Gaza ci sono molti occhi e molte orecchie israeliane. Gli israeliani non colpiscono mai alla cieca ma obiettivi che conoscono, che hanno inventariato. In questo caso, però, l’operazione non sarebbe limitata a un gruppo concentrato. Liberare gli ostaggi è una capacità richiesta alle forze speciali. Ma un conto è liberarli in un’area sotto controllo, in una cornice di forze di polizia, con un’azione puntiforme altamente professionale. Altro è in un formicaio ostile, occorrerebbero forze importanti, parecchi mezzi, informazioni estremamente precise e un’area di sicurezza”.

 

 

Il generale Bertolini boccia quindi la strada del blitz armato e predica la via della diplomazia: “Si metterebbe a rischio l’incolumità degli ostaggi. Non basta l’azione dello specialista in guanti bianchi che mette una carica sulla porta, entra, uccide i cattivi, salva i buoni e li porta via”.

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